| Gli svedesi Flower Kings tornano con un nuovo doppio album con più 
            di due ore di musica, una nuova valanga di progressive rock che si 
            aggiunge ad una produzione discografica già molto ricca, gioia 
            e dannazione dei fans costretti a mettere nuovamente mano al portafoglio. 
            Fra uscite ufficiali e side projects penso che neanche i Flowers sappiano 
            con esattezza in quanti dischi hanno suonato, dai Tangent ai Karmakanic, 
            dai solisti alle guest appearances, tra uscite per il sito, il passato 
            e il presente in un dedalo di album alcuni dei quali veramente memorabili, 
            ma tra cui è veramente facile perdersi, in questa conrnucopia 
            musicale arriva il nuovo Paradox Hotel.
 
 Diciannove brani e un concept sulla vita dell’uomo, che prima 
            o poi si trova a passare da questo inquietante albergo, dove i Flokis 
            si trovano ad essere ospiti insieme alla gente comune di cui parlano 
            nei testi. Difficile fare un sunto, perché le idee come sempre 
            sono molte, c’è tanto prog classico fra Yes e Genesis 
            per intenderci, e c’è anche tanto rock, il nuovo drummer 
            Liliequist è meno jazzy del dimissionario Zoltan, ma nella 
            nuova line up manca anche Daniel Gildenlow, che ha lasciato il gruppo 
            perché non poteva andare in USA per i concerti oltreoceano. 
            Nonostante questi rimaneggiamenti di formazione troviamo i nostri 
            in splendida forma con uno dei migliori dischi del nuovo corso, da 
            Rainmaker per intenderci.
 
 Dopo un intro è posta la tipica suite dal titolo “Monsters 
            & Men” per dirci subito che il gruppo è al massimo 
            della forma e che i molti impegni non hanno scalfito la vena dei nostri. 
            Alcuni brani sono piuttosto nuovi, come la misteriosa “Bavarian 
            Skies”, ci sono delle ballate lente e intimiste come l’incantevole 
            “Jealousy” e altri psichedelici vedi la stralunata “Lucy 
            Had a Dream”. C’è la voglia di prog effervescente 
            come in “Hit Me With a Hit” e di momenti più classici 
            come in “Pioneers of Aviation” in puro Yes style. Uno 
            dei vertici è la travolgente “Selfconsuming Fire”, 
            con uno Stolt ispiratissimo che si produce in un assolo viscerale, 
            che per certi versi fa pensare al suo ultimo album solista o a certe 
            cose di Uli Jon Roth. “Mommy Leave the Light On” sembra 
            un tributo ai Pink Floyd. Chiude il primo cd con crescendo bellissimo 
            “End on a High Note”.
 Le grandi melodie vocali e il prog sinfonico di “Minor Giant 
            Steps” aprono alla grande il secondo cd. “Touch My Heaven” 
            è ispirata, ma non è particolarmente originale. Sfiora 
            l’hard rock “The Unortodox Dancing Lesson”, ma è 
            un brano zappiano con un tempo molto complesso e un arrangiamento 
            superlativo. Molto lirica “Man of the World”, con delle 
            melodie altamente godibili. “Life Will Kill You” è 
            un pezzo scritto interamente da Froberg (sedici portano la firma di 
            Stolt) e si sente che c’è qualcosa di diverso e ci sta 
            bene. Una ballata per piano precede la bellissima “What if God 
            is Alone”, semplice ed efficace. Finalmente arriva la title 
            track, un pezzo durissimo, il più duro dell’album e anche 
            uno dei più tirati di tutta la discografia dei re dei fiori 
            e dopo questa sfuriata ecco che finalmente si esce dall’albergo 
            con l’intensa “Blue Planet” e ci si rende conto 
            che il viaggio non è stato ne prima ne dopo, ma si è 
            consumato proprio all’interno.
 
 Sarà anche vero che i Flower Kings non hanno inventato niente, 
            ma sono un gruppo grandioso che ci sta regalando pagine di prog sublime, 
            magari non così sperimentale come tradizione prog vorrebbe, 
            ma è bello ascoltare un gruppo così al di la di tutte 
            le critiche che si possono spendere. Chi li ama gode, gli altri si 
            arrangino e rimangano ancorati ai soliti vecchi dischi. GB
 
 Altre recensioni: Fan Club CD 2000; 
            Space Revolvers; The 
            Rainmaker; Scanning the Greenhouse; 
            Unfold the Future; Meet 
            the Flower Kings; Adam & Eve;
 Brim Stoned in Europe; Live 
            in New York; Istant Delivery; 
            The Road Back Home;
 The Sum of No Evil; 
            Desolation Rose
 
 Intervista
 
 Live Report: 2006; 2012
 
 Artisti correlati: Kaipa; Tomas Bodin; Karmakanic; Transatlantic; 
            Tangent; Roine Stolt; Circus Brimstone
 
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