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            Il super gruppo dei Tangent ormai è diventato una verà 
            realtà, che funziona come un orologio, l’ideatore Andy 
            Tillison (Parallel Or 90 Degrees) sembra aver trovato la sua dimensione 
            naturale e siamo già al quarto album in sei anni. La formazione 
            di stelle è in parte cambiata rispetto all’esordio, per 
            questa nuova avventura ritroviamo al suo fianco il fedele Guy Manning 
            (Po90), il talentuoso bassista Jonas Reingold (The Flower Kings), 
            il batterista Jaime Salazar (ex tFK), lo storico saxofonista Theo 
            Travis (Soft Machine) e le new entry Jakko M Jakszyk (21st Century 
            Schizoid Band, Rapid Eye Movement) alla chitarra e voce e Julie King 
            alla voce.
 Questo nuovo album dei Tangent è molto più ambizioso 
            dei precedenti, non si tratta solo di un concept, ma è allegato 
            ad racconto di 100 pagine ed esce in due versioni (con o senza libro). 
            Da segnalare anche lo splendido artwork ad opera dell’illustratore 
            Antoine Ettori. La musica che fino ad oggi ha ricalcato volutamente 
            i cliché del passato si fa adesso più avventurosa e 
            intrigante, il vecchio prog settantiano viene coniugato con sonorità 
            fresche e moderne, non perde le sue radici, ma queste sono aggiornate 
            coi tempi e quindi il tutto risulta molto più intrigante. L’album 
            si snoda su due cd, il primo è composto da sette traccie, le 
            composizioni sono molto varie, con un sound in continua evoluzione 
            fra parti graffianti e ricche di energie e altre atmosferiche e sognanti, 
            ci sono momenti sinfonici ed altri al limite del jazz rock, una varietà 
            che si può cogliere solo dopo ripetuti ascolti, perché 
            il disco ha sempre qualcosa da offrire. Il secondo cd è composto 
            da due grandi suites, ovviamente è più complesso del 
            primo dischetto, ma sostanzialmente gli elementi del sound nel complesso 
            non cambiano, solo si fanno ancora più ricercati e articolati, 
            con dei momenti di grande intensità, tutti da godere.
 
 Il disco va ascoltato nella sua interezza, ma ogni singolo brano è 
            bello e può anche essere ascoltato da solo, quindi Not As Good 
            As the Book è un disco veramente riuscito, direi il migliore 
            di quelli prodotti dai Tangent fino ad oggi. Si è persa certa 
            leziosità degli esordi e ora c’è spazio solo all’energia 
            creativa. Solo un rimpianto, i Parallel Or 90 Degrees erano un grande 
            gruppo, peccato che Tillison per emergere abbia dovuto far ricorso 
            a questo progetto, ma questa è solo una congettura personale, 
            godiamoci i Tangent, sono davvero bravi. Per NAGATB si può 
            usare la parola “capolavoro”, un termine spesso abusato, 
            ma che credo sia pienamente meritato in questa occasione. GB
 
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