Rock Impressions

Steven Wilson - The Future Bites STEVEN WILSON - The Future Bites
Caroline International 2021

Genere: Pop / Electronic Pop


Mentre c’è chi ancora accende lumini davanti ai dischi dei Porcupine Tree e non riesce ad accettare la svolta artistica di Wilson, Steven prosegue per la sua strada tesa ad esplorare ogni tipo di musica, ma quello che non dovrebbe sorprendere non è solo la libertà di questo poliedrico artista, la vera essenza della sua produzione è che c’è un filo rosso che lega tutto quello che ha fatto, da prima di formare i Porcospini fino ad oggi. Già negli anni ’80 aveva esplorato il pop elettronico e se alcuni brani di questo nuovo album fossero stati inseriti in una delle sue produzioni precedenti, magari sostituendo alcune parti elettroniche con strumenti tradizionali, nessuno si sarebbe “stracciato le vesti”. Una ballata come “12 Things I Forgot” poteva tranquillamente figurare in ogni suo disco. Negli anni ’70 tutte le band mescolavano i generi e nessuno si scandalizzava, ad esempio nessuno si è mai scagliato contro “So Tired” o “Goodby to Romance” di Ozzy, eppure erano molto distanti dalla sua produzione più apprezzata.

Questo nuovo disco va accolto senza preconcetti di nessun tipo, non è facile quando uno è stato osannato forse anche più dei reali meriti, Steven è prima di tutto un uomo e già ha fatto molto più della media alta della nostra specie. L’approccio giusto a questa sua nuova opera è quella di volerla semplicemente ascoltare, poi se uno non tollera un approccio pop “facile” è meglio che ascolti altro. “Self” non sarà originale, mi ha ricordato anche certe cose degli U2 anni ’90, ma è anche Wilson al 100% e devo dire che non mi dispiace affatto. La già citata “12 Things…” è una discreta ballata, con una spruzzata di psichedelia che la rende quasi settantiana. Poi c’è l’urbana “Eminet Sleaze”, dove compare una chitarra di crimsoniana memoria. “Man of the People” è molto minimale, ridotta quasi all’essenza. “Personal Shopper” è il brano più conosciuto del disco, sicuramente il singolo perfetto, il giusto piglio per piacere ad un vasto pubblico, non è memorabile, ma ti entra subito in testa e il testo ironizza anche col progetto sottostante. “Follower” gioca ancora a mescolare un’elettronica non troppo impegnata con suoni più sperimentali, certo forse un album tutto su queste corde sarebbe stato più intrigante, ma non era nelle sue intenzioni. In chiusura la l’atmosferica “Count of Unease”, forse troppo minimale, ma anche adatta al tipo di disco, un commiato a voce bassa.

Ottima la produzione, ottimi i suoni, alcune melodie veramente azzeccate. Un disco diverso dai precedenti eppure in linea. Certo non la linea che avrebbero voluto i suoi fans più intransigenti, ma una che quelli più aperti possono veramente apprezzare. The Future Bites ed è ancora tutto da scrivere. GB

Altre recensioni: Insurgentes; Grace For Drowning; The Raven That Refused to Sing;
Hand. Cannot. Erase.; 4 1/2; To the Bone; The Harmony Codex

Interviste: 2013; 2015

Live report: 2013; Pistoia 2013

Official Web Site

Artisti correlati: Porcupine Tree; No-Man; Blackfield




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