Rock Impressions

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Steven Wilson - The Raven That Refused to Sing STEVEN WILSON - The Raven That Refused to Sing
KScope
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: Post Modern Prog
Support: CD - 2013


Steven Wilson è uno degli artisti più completi del nostro tempo, negli anni non ha sbagliato un colpo e non è un caso se è diventato punto di riferimento per tantissimi altri giovani (e non solo giovani) artisti. Il suo disco solista precedente era un capolavoro, di quelli da non perdere assolutamente e c’era molta attesa per questo suo nuovo sforzo creativo. Veniamo quindi subito ad analizzare quanto contenuto in questo importante album, il terzo solista, quindi un album particolarmente significativo. Merita segnalare che Wilson si è circondato da mostri sacri del rock a partire da Alan Parson, che ha coprodotto l’album insieme a Steven e ha curato i suoni, inoltre ha suonato la chitarra in un brano. Poi c’è il grande Theo Travis ai fiati e ci sono molti altri nomi, forse meno noti, ma sono tutti grandi musicisti.

In apertura troviamo “Luminol”, che Wilson ha già presentato live, raccogliendo molti consensi, “Luminol” è un brano seriamente prog, di più è quello che il prog “deve” essere e che spesso ha dimenticato di essere. L’avvio è aggressivo, incalzante, potente, come i migliori King Crimson, ma non è un’imitazione, piuttosto è come la continuazione di una tradizione, i giri vorticosi di basso e batteria sono entusiasmanti, mettono voglia di muoversi, su questi si innestano tanti contributi, dal flauto e sax alle chitarre, dalle keys al mellotron, è una cornucopia di emozioni, in oltre dodici minuti Wilson da sfogo a tutta la sua creatività e il risultato lascia profonde emozioni, anche quando a metà brano prende il via una sezione intimista e delicata, più Floydiana, ma sempre molto bella e ispirata. Quando il brano riprende quota, lo fa con un nuovo giro armonico ritmico, più moderno e ancora le emozioni prendono il sopravvento fra tensioni misteriche e grandi aperture musicali. Gran finale garantito con un ottimo assolo di chitarra, che brano grandioso. “Drive Home” è un brano intimista, molto morbido e ci accarezza con le sue melodie sognanti, in apparenza è semplice, ma è di una raffinatezza squisita, anche in questo caso troviamo un assolo sorprendente, lo ritengo uno dei più belli fra quelli reperibili nella vasta discografia Wilsoniana. “Holy Drinker” ritorna al prog più energico del primo brano, ma è decisamente diverso, arioso e imponente al tempo stesso, splendido il giro di chitarra, poi ci sono partiture molto sperimentali, coi fiati di Travis in libertà e sotto una sezione ritmica infuocata, bella anche la parte cantata, il finale poi è da apoteosi. “The Pin Drop” è una canzone meno immediata delle precedenti e perde un po’ il confronto, ma ci sono dei passaggi da manuale. “The Watchmaker” è un brano lungo e ricco di parti molto diverse, sempre all’insegna del prog più azzeccato, nel complesso rappresenta una continuità con quanto ascoltato prima, ma è comunque come un buon tassello a completamento di un puzzle coinvolgente. Chiude la title track, un brano ispirato come pochi, l’inizio è lirico, carico di poesia, Wilson ci mette una passione toccante, poi con un crescendo misurato si arriva ad un bel finale appagante.

The Raven è un disco meno dark dei due precedenti e a discapito del titolo è sicuramente meno gotico, ma Steven Wilson con questo suo terzo disco ha fatto un bel passo avanti, non avevamo bisogno di conferme, ma riscoprire la grandezza di questo artista fa comunque bene e ascoltare The Raven That Refused to Sing è gioia per le orecchie e anche per il cuore. GB

Altre recensioni: Insurgentes (dvd); Grace For Drowning; Hand Cannot Erase; 4 1/2;
To the Bone; The Future Bites; The Harmony Codex

Interviste: 2013; 2015

Live report: 2013; Pistoia 2013

Sito Web

Artisti correlati: Porcupine Tree; No-Man; Blackfield


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