| Il secondo disco ristampato su cd dalla Minotauro di Paolo Catena 
            che andiamo a presentarvi è il famigerato In the Darkness. 
            La buona accoglienza di Detaching From Satan diede l’impulso 
            alla realizzazione di questo album, che ancora oggi è una pietra 
            miliare del dark rock e uno dei lavori più riusciti del geniaccio 
            pesarese. Il disco in realtà è una raccolta di brani 
            scritti in un arco temporale di otto anni, pertanto troviamo una certa 
            varietà stilistica, quindi non è un disco concepito 
            in modo omogeneo e questo si sente, per certi versi è una specie 
            di antologia, ma il fascino di quest’opera dannatamente oscura 
            è rimasto intatto. I musicisti coinvolti sono diversi, tutti 
            gravitanti a vario titolo attorno al nostro personaggio, ognuno con 
            un proprio stile, qualcuno più metal, altri meno, ma questo 
            non ha troppa rilevanza.
 
 Il primo brano è “Welcome to My Hell”, composto 
            nel 1978 da un giovanissimo Catena, è una perfetta sintesi 
            del suo stile, il riff che esce dalla chitarra è allucinato, 
            psichedelico e ipnotico, il cantato è inquietante, non è 
            un caso se è diventato uno dei suoi brani più amati, 
            ancora una volta l’inferno, ancora una volta il miglior Catena. 
            “Meat” è del 1985, molto più doom e meno 
            facile del brano precedente, ma la mano di Paolo dipinge uno spaccato 
            di metal oscuro di indiscutibile fascino. “War” è 
            il primo brano elettronico del nostro, per molti è stato una 
            sorpresa, la lezione tedesca si intuisce, l’atmosfera comunque 
            non poteva che essere molto gotica e spettrale. “Crazy” 
            è il brano più metal del disco, molto sabbathiano o 
            primo Ozzy solista, ma comunque una rilettura sempre abbastanza personale.
 
 Il secondo lato è decisamente diverso dal primo e vede la partecipazione 
            nei primi tre brani di Piero Gori in arte Sanctis Ghoram (I Vulcani), 
            il cantante che ebbe lo spinoso compito di sostituire Steve Sylvester, 
            c’è molta diversità fra il cantato di Paolo e 
            quello di Piero, all’epoca amavamo entrambe, ma oggi quello 
            di Paolo sembra più moderno, però Piero infondeva un 
            senso di sofferenza unico. Particolare come sempre il gusto per gli 
            intro del nostro e in “Grey Life” ne possiamo ammirare 
            un esempio esaustivo, un sofferto assolo di chitarra prima dell’ingresso 
            del riff portante, puro doom metal. “Woman and Knife” 
            prosegue su uno stile molto simile a quello del brano precedente, 
            ottimo l’assolo di chitarra. Anche “Mortuary Hearse” 
            prosegue lo stile intrapreso, mostrando una buona continuità. 
            Discorso diverso per “In the Darkness”, un brano che sembra 
            aver ispirato Tony Iommi nel comporre “Eternal Idol”, 
            il cui riff portante è veramente molto simile a quello di Catena. 
            Quando venne denunciato il plagio, Catena venne ridicolizzato da buona 
            parte della stampa specializzata dell’epoca, eppure il sospetto 
            è molto più che fondato, solo che Paolo non volle mai 
            fare causa a quello che per lui era stato un eroe. Il riff rallentato 
            e sofferto di questo pezzo è uno dei più belli e ispirati 
            di sempre, a dimostrazione di quanto fosse abile il pesarese nel tessere 
            il più evocativo doom metal di sempre.
 
 In the Darkness è davvero un gran disco, che ha cementato la 
            popolarità di Catena nel circuito degli appassionati dei suoni 
            oscuri di tutto il globo e ancora oggi conserva tutto il suo fascino 
            oscuro, in seguito il pesarese pian piano si allontanerà da 
            queste sonorità in cerca di soluzioni sempre più sperimentali, 
            lasciando in molti un profondo senso di nostalgia. GB
 
 Altre recensioni: Detaching From Satan; 
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            Wind; Alkahest
 
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