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            Questa band dal nome altisonante ci ha sempre saputo conquistare col 
            suo mix altamente elegante di gothic, cold wave e neo classica, se 
            da un lato è innegabile la scuola che ha preso il via dalle 
            sperimentazioni dei Dead Can Dance, è anche indubbio che i 
            CDAA hanno uno stile molto personale, ottenuto da un insieme di fattori 
            che col tempo li hanno distinti dal resto delle produzioni simili. 
            Oggi la band torna col suo nono album che si presenta fin dall’artwork 
            molto cupo, dai colori freddi e poco confortevoli.
 Non poteva esserci avvio migliore di quanto abbiamo anticipato, la 
            mesta “La Beauce, L’Errance”, dopo un inizio molto 
            solenne, troviamo la delicata cantante Chloé che ci cala in 
            un’atmosfera sognante e nel ritornello ripete più volte 
            “l’autunno, l’autunno…” e ancora “io 
            sarò il canto dell’autunno”, non riesco ad immaginare 
            musica più autunnale di così. Ancora più malinconica 
            e triste è la successiva “Au Chevet des Faunes”, 
            dove troviamo un movimento di archi che si libera su un tappeto di 
            tastiere solenni, con una ritmica battente e vagamente apocalittica, 
            che ricorda certe intuizioni dei Death in June. Le percussioni hanno 
            un incedere vagamente militare, che conferisce un senso di inquietudine, 
            che contrasta con la bellezza severa delle linee melodiche. Prosegue 
            su questa linea anche la seguente “The Coming of Believes”. 
            Per fortuna “D’Autres Voix Que le Vent” è 
            molto spirituale e rasserena l’atmosfera del disco, che aveva 
            preso una piega piuttosto cupa. Ancora più serena è 
            “The World We Leave”, che inizialmente ricorda vagamente 
            Enya, poi assume un incedere rituale, molto spirituale. Glacialmente 
            bella “Les Champs, Demain”, pura poesia fatta musica, 
            sublime. Altro momento particolarmente intenso è la cantilenante 
            “Dawn Again”, che è riuscita a creare un giro armonico 
            ripetuto di rara efficacia. “L’Envol”, pur mantenendo 
            ad un buon livello il prosieguo del disco, non aggiunge nuove emozioni. 
            Da questo punto il cd si afferma su ottimi livelli, anche se le cose 
            migliori sono nella prima metà del disco.
 
 Questo nuovo disco dei CDAA prosegue il viaggio della band iniziato 
            con album come Automne à Loroy e si incastona perfettamente 
            nella loro discografia, una poetica incentrata su temi fiabeschi e 
            sul tema della morte, quest’ultimo in particolare viene affrontato 
            con una sobrietà ed un eleganza davvero ammirevoli. Un disco 
            che cresce ascolto dopo ascolto e che affascina ogni volta di più. 
            In questo Vernes-Monde ci sono dei momenti di lirismo puro, che si 
            possono ritrovare solo nei dischi di artisti di grande spessore, uno 
            status che appartiene di diritto a questa formazione francese, che 
            ci ha già emozionato e continua a farlo in modo sempre nuovo. 
            GB
 
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 Intervista
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