| L’America storicamente non è la patria del prog, non 
            ha avuto una vera scena negli anni ’70 e nemmeno durante il 
            New Prog ottantiano, tanto che molti erano convinti che Prog si potesse 
            coniugare solo con Europa. Niente di più sbagliato, gli anni 
            novanta hanno mostrato come anche i musicisti americani siano capaci 
            di scrivere pagine prog di altissimo livello, penso agli immensi Echolyn, 
            agli oscuri A Triggering Myth, ai fantascientifici Rocket Scientists, 
            agli Spock’s Beard del prolifico Neal Morse, ma ci sono anche 
            tante ottime formazioni minori che purtroppo non abbiamo lo spazio 
            per ricordare.
 
 Cosa c’entra questo coi Three direte voi? A parte il fatto che, 
            come avrete capito, anche loro sono americani e fanno prog, il fatto 
            è che questo album è spettacolare come pochi, da far 
            invidia alla tanto decantata scena svedese che oggi sembra imbattibile. 
            The End Is Begun è il quinto album del gruppo, il secondo distribuito 
            su scala internazionale dopo Wake Pig, ma è il primo che entra 
            nella mia collezione e non posso fare paragoni coi precedenti.
 
 La musica dei Three appare particolare fin dal primo ascolto, con 
            un songwriting fresco e molto personale. Apre l’incredibile 
            “The World Is Born On Flame”, l’intro è folkeggiante 
            e ricorda i Ritual, poi attacca una sezione metallica potente e altamente 
            suggestiva, solenne e oscura, come una marcia verso un futuro oscuro 
            e incerto. La title track attacca subito senza soluzione di continuità 
            e si inserisce con un giro di chitarra acustica in stile flamenco, 
            alternato ad un incedere ossessivo e cupo in pieno dark sound e tutto 
            suona assolutamente perfetto. Non meno intrigante è “Battle 
            Cry” col suo giro di chitarra sporco e delle linee melodiche 
            irresistibili e innovative. Assolutamente sorprendenti le melodie 
            malinconiche di “All That Remains” i Three hanno uno stile 
            compositivo assolutamente personale e finalmente nuovo, che non suona 
            come niente che avete già ascoltato, questo brano mi ha fatto 
            innamorare di questo gruppo. “My Divided Falling” attacca 
            alla Primus, con ritmiche complesse e stoppate, poi parte un metal 
            moderno, con una sezione ritmica che fa faville, la tecnica sposa 
            le geniali composizioni del gruppo. Troviamo grande vivacità 
            nelle strutture di “Serpents in Disguise” e poi c’è 
            la poesia delicata della carezzevole “Been to the Future”, 
            una ballad particolare, dove il romanticismo non è smelenso, 
            ma riflessivo. “Bleeding Me Home” è uno di quei 
            brani che danno vita ad un nuovo modo di concepire il prog, mi ha 
            fatto pensare ai dei Gentle Giant moderni, che tengono conto del pop 
            uscito negli ultimi dieci anni e che lo innestano in strutture complesse 
            e articolate senza snaturarne la freschezza, grande composizione davvero. 
            Un riff di chitarra da far invidia ai gruppi di AOR apre “Live 
            Entertainement”, ma anche in questo caso niente è quello 
            che sembra e i Three rielaborano la materia col loro stile unico. 
            L’hard rock esplode luminoso in “Diamond in the Crush”, 
            poi parte l’acustica “Shadow Play” a dimostrazione 
            della versatilità del gruppo. Un bel pugno nello stomaco arriva 
            subito dopo con “These Iron Bones”, un metal serrato con 
            influenze psichedeliche e quache accenno ai Rush. Chiude splendidamente 
            la spirituale “The Last Day”, che da un tocco mistico 
            che completa un album splendido. A completamento troviamo come bonus 
            track una versione acustica di “Dregs” tratta dall’album 
            precedente.
 
 Ogni traccia ha una storia da raccontare e offre grandi emozioni, 
            potrei ricominciare dall’inizio del cd a decantare brano per 
            brano e dando nuove chiavi di lettura per l’ascolto, perché 
            tutto mi è piaciuto di questo disco, perché non ci sono 
            due traccie uguali e perché questi ragazzi riescono sempre 
            a colpirmi dritti al cuore. Ci sono momenti quasi estremi, altri alternativi, 
            altri poetici, c’è metallo, c’è rock e ci 
            sono momenti acustici, insomma una varietà incredibile e tutta 
            assolutamente convincente e da gustare.
 
 I Three hanno dato alle stampe un vero capolavoro, un disco spirituale, 
            oscuro e luminoso al tempo stesso, drammatico e vitale, dinamico e 
            veloce, ma anche da assaporare lentamente con ripetuti ascolti, una 
            vera ventata di aria fresca in un panorama sempre più affollato 
            di gruppi fotocopia. I Three non sono solo originali, ma sono una 
            band unica e geniale, non privatevi del piacere di ascoltarli. GB
 
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