| Come vola il tempo! Mi sembra ieri che è uscito “Psichoanorexia”, 
            invece sono già passati due anni! Ma è sempre un piacere 
            invecchiare con buona musica, anzi, forse è proprio quella 
            che fa volare il tempo, perché è notorio che quando 
            si sta bene il tempo scappa via. La buona compagnia ce la regala il 
            polistrumentista Thomas Thielen con “Fragmentropy”, quinto 
            sigillo della sua nobile carriera musicale.
 
 Frammenti di storie che parlano d’amore e non, di un viaggio 
            nel proprio essere e come in tutte le più belle storie, non 
            c’è fine. Tre lunghi capitoli, tre suite, due di mezz’ora 
            ed una di quasi venti minuti, questo il percorso scelto da Thielen 
            nel raccontare ed emozionare.
 
 Apre “Chapter One: Anisotropic Dances”, una profondità 
            di suoni netta e pulita stupisce per bellezza, così il lento 
            subentrare della musica rarefatta, Psichedelica e drammatica. Gli 
            stati d’animo si susseguono fra chitarre distorte e melodie 
            pacate, quasi in stile Marillion era Hogarth. Bella e come sempre 
            ottima interprete la voce di Thielen. A tratti si aprono ampi scenari 
            ariosi, squarciando nebbiosi lidi di malinconia. I frangenti migliori 
            arrivano nelle aperture epiche sonore, quando T si lascia andare in 
            tutta la sua imponenza, questo perché in essa sa adoperare 
            la melodia giusta e toccante elevandola ai massimi livelli grazie 
            all’uso degli strumenti e in principale modo delle tastiere. 
            D’atmosfera è il gioco di voci che si aggirano attorno 
            alla nostra mente all’ascolto, sussurrate e femminili.
 
 “Chapter Two: The Politics Of Entropy” è New Prog 
            Doc, ancora lo stile Marillion ultimo periodo si affaccia all’ascolto, 
            prendendo come punto di riferimento quel capolavoro intitolato “Brave”. 
            L’imponenza delle tastiere spesso fa scorrere sulla pelle qualche 
            brivido, specialmente se sopra questo tappeto subentra la chitarra 
            elettrica.
 
 Nella musica in generale c’è una sorta di passaggio staffetta 
            fra il passato ed il presente, chiamando in causa (come per gli album 
            precedenti) gruppi come Radiohead, Porcupine Tree, Marillion e Genesis. 
            Fare coincidere così tanti stili non è uno scherzo, 
            si rischia di fare un malloppo sonoro che potrebbe lasciare solo scontenti 
            tutti gli amanti dei differenti gruppi citati, serve equilibrio e 
            la personalità, quella che rende alla fine il tutto riconducibile 
            ad un solo artista, in questo caso a T.
 
 Il terzo capitolo “Chapter Three: The Art Of Double Binding” 
            non si discosta di una virgola a quanto detto sino ad ora, giocando 
            fra gli scambi umorali e sonori, fra malinconia ed epicità.
 
 “Fragmentropy” è un album più oscuro che 
            chiaro, consigliato a chi durante l’ascolto vuole sentirsi toccare 
            dentro, a colui che quando chiude gli occhi si sente sollevare da 
            terra, ovviamente invece chi fa della musica un inno alla tecnica 
            o quant’altro fa passare un oretta nella distrazione di sottofondo, 
            in esso troverà molta difficoltà di assimilazione.
 
 Per ascoltatori attenti e di ampie vedute, in teoria quello che dovrebbe 
            essere un ascoltatore di Progressive Rock, ma che ultimamente così 
            spesso non è. MS
 
 Altre recensioni: Psichoanorexia, Epistrophobia
 
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