Rock Impressions

Prophexy - Alconauta PROPHEXY - Alconauta
Selfproduced
Distribuzione italiana: -
Genere: Prog Metal
Support: CD - 2009


I bolognesi Prophecy viaggiano al confine fra il Progressive ed il Prog Metal. Lo conferma anche la voce di Matteo Bonazza che si esprime in bilico fra un impostazione alla Bruce Dickinson (Iron Maiden) e una più pacata stile anni ’70. “Illuminat “ apre l’ascolto proprio con questo andamento, un altalenare fra episodi duri e reminescenze vintage. Tuttavia è la ritmica a farla da padrona, con un ottimo lavoro da parte di Stefano Vaccari alla batteria e di Alessandro Valle al basso e al flauto.

Destabilizzanti cambi di tempo fanno venire alla mente inesorabilmente i Dream Theater. Buona l’idea del flauto in “Babba”, altra canzone ricca di spunti sia Metal che prettamente psichedelici alla Hawkwind. La giovane età del quartetto non nasconde di certo una cultura musicale elevata. Tutto il cantato è in italiano e la produzione sonora è almeno più che sufficiente. Con “Scarto” si esprimono fra interventi elettronici e voce filtrata, un tentativo nervoso e destabilizzante per colpire l’ascoltatore, il quale non può fare a meno di fare certi accostamenti con gli anni ’70, quelli di quando Stratos e soci (Area) tentavano sperimentazioni sonore. Non lontani certi Queensryche. Buoni gli interventi di chitarra, specie nei solo di Gabriele Martelli. Qui i Prophexy sembrano sapersi muovere con idee precise, cosa che non sempre riesce nel corso dell’ascolto. Un balzo temporale con il flauto in “Fischio, Come Guarire Un”, sembra che i nostri abbiano preso una lezione dai New Trolls dell’era De Scalzi, De Palo (magari è casuale). Passato e presente si alternano vertiginosamente nelle note dei brani, mentre “Plasticosmic” è divertente e scanzonata, un approccio verso una sonorità più abbordabile. Ritornano le fughe strumentali e i cambi di ritmo repentini in “Tritone”, con un attenzione (anche troppa) verso i King Crimson. Colpisce il frangente acustico centrale, con tanto di flauto, davvero bello! “Qubo” rialza i toni ed ancora una volta richiama il nervosismo dei più recenti King Crimson. La band suona alla grande, segno di amalgama profonda e di buona tecnica. Chiude “C’è Vite Sulla Luna?”, un lavoro che lascerà molti contraddetti. Infatti i Prophexy si divertono ad alternare tanto materiale e tante emozioni, ma chi non è avvezzo a certe sonorità, troverà il tutto molto cervellotico.

Ma questo sperimentare da parte loro, secondo il mio modo di vedere è solo che positivo, c’è solamente da focalizzare uno stile più preciso, un sound che riconduca il tutto alla band, altrimenti si rischia di cadere nell’anonimato, malgrado le numerosissime idee apportate….e sarebbe davvero un peccato. MS

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