Rock Impressions

Long Distance Calling - Trips LONG DISTANCE CALLING - Trips
Inside Out
Distribuzione italiana: Spin Go!
Genere: Post Modern Prog
Support: CD - 2016


Era dal lontano 2009 che non ascoltavo questa band e nel frattempo hanno pubblicato altri due album ed un Ep. Ma nella valanga di uscite che si susseguono senza sosta devo ammettere che mi ero dimenticato di loro. Però quando ho iniziato ad ascoltare questo nuovo parto discografico, dopo un po’ mi si è accesa una lampadina e così mi sono ricordato che li avevo già incontrati. È un piacere ritrovare una band dopo tanto tempo e poterne vedere l’evoluzione.

Trips si apre con “Getaway”, un brano dalle sonorità spiazzanti, un mix tra anni ottanta e space rock, con aperture di chitarre possenti costellate di giri di tastiere che potrebbero irritare gli amanti dei suoni più vintage, all’insegna di uno stile personale che non teme il giudizio di nessuno. “Reconnect” è più decisa e dura, parte in quarta e non c’è più nessuna tentazione space, resta un sound composto da diversi suoni, molti post moderni, con linee vocali piacevolmente melodiche e impennate di energia imperiose. “Rewind” è lenta, come una marcia, aperta da un pianoforte evocativo, diventa presto una cascata elettrica di emozioni forti, non c’è che dire, i LDC sono sicuramente molto personali, per certi versi mi ricordano i Pain of Salvation, non come stile, ma come ecletismo musicale. La strumentale “Trauma” osa ancora di più, potenza e fantasia si uniscono alla ricerca di soluzioni distintive e la band riesce a lasciare il segno, magari non piacerà a chi è affezionato al vecchio prog, ma personalmente trovo questi suoni interessanti e giustamente moderni. Che botte sonike. Più proseguo nell’ascolto e più mi lascio conquistare dalla varietà di suoni e situazioni orchestrate da questi visionari musicisti, così le cavalcate di “Lines” mi trasportano senza fatica in nuovi orizzonti. “Presence” è un breve brano narrato che lancia la travolgente “Momentum”, dominata da un giro indiavolato di batteria e da suoni carichi di mistero e verso il finale torna appena accennato in un riff di chitarra l’amore per gli Hawkwind, che già avevo riscontrato sul disco del 2009. Verso il finale i brani si allungano in durata e diventano sempre più complessi, “Plans” è un grande crescendo a cui mi è difficile resistere. “Flux” è l’epilogo di un disco pieno di idee e di voglia di fare musica senza confini, ma soprattutto diretta verso il futuro.

Il prog si sta evolvendo con molti gruppi che osano strade nuove, forse non torneranno mai più i fasti del passato, ma fin che ci saranno band come i Long Distance Calling la musica continuerà ad evolversi e a regalarci bellissime emozioni, basta spingere i nostri sguardi un po’ più verso l’orizzonte e non solo verso il passato. Il viaggio continua! GB

Altre recensioni: Avoid the Light; How Do We Want to Live

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