| Finalmente 
            abbiamo la possibilità di ascoltare il secondo album della 
            bella norvegese Liv Kristine, già con Theatre of Tragedy e 
            compagna di Alex Krull, che anche in questa occasione viene accompagnata 
            dagli Atrocity al completo. Già il singolo apripista Elegy 
            ci aveva messo una certa curiosità, ma devo dire che l’album 
            è molto più completo e meno commerciale del brano in 
            questione, che di certo possiede tutte le caratteristiche per diventare 
            una vera hit.
 Lo stile di Liv è vicino a quello di artisti come Enya, delicato 
            e molto sensuale, un modo di cantare che si unisce al metal gotico 
            con grande efficacia. Ecco allora la nostra cimentarsi con la storia 
            dell’eroico compatriota Leiv Eiriksson, il cui leggendario viaggio, 
            svolto attorno all’anno mille, sembra averlo portato fino alle 
            spiagge dell’America, secondo le tesi di vari storici. A noi 
            la storia di questo mitico personaggio norvegese può sembrare 
            lontana nello spazio e nel tempo, ma la musica proposta ci trascina 
            in un vortice di metallo gotico e atmosferico di ottima fattura. D’altra 
            parte gli Atrocity, avezzi al metallo pesante, sono pienamente a loro 
            agio con queste partiture più lente e melodiche, a cui il gruppo 
            di Krull dona una particolare profondità rendendole convincenti 
            e mai banali.
 
 L’album si compone di dodici tracce (ne uscirà anche 
            una versione deluxe con due bonus tracks e vario materiale video) 
            piuttosto varie a partire dall’iniziale traccia omonima molto 
            atmosferica, sorta di intro classicheggiante con Liv che canta in 
            modo delicato e sognante su un tappeto sonoro epico e malinconico. 
            “Farewell Proud Men” sterza bruscamente verso un metal 
            molto teatrale, con parti atmosferiche che si intersecano nelle classiche 
            cavalcate dei nostri. “Elegy” conserva tutta la sua carica 
            seducente, con il suo refrain che si stampa subito in mente e si lascia 
            canticchiare. Da “Solemn Sea” ogni traccia ha una propria 
            struttura e ognuna si interseca con le altre per formare un affresco 
            dark veramente coinvolgente fino alla conclusiva “Ankomst”, 
            un lento dal sapore celtico molto evocativo.
 
 Fin dal recente debutto la bionda singer si è imposta ai vertici 
            del gothic metal cantato al femminile e con questo nuovo album consolida 
            ulteriormente la propria fama. I Leaves’ Eyes sono una formazione 
            con delle grandi potenzialità e sono convinto che la loro saga 
            sia ancora tutta da scrivere. GB
 
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 Intervista
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