Rock Impressions

King's X KING'S X - Black Like Sunday
Inside Out

Era l'inizio del 1988 quando uscì il formidabile Out Of The Silent Planet, un disco che arrivò come un fulmine a ciel sereno nel panorama metal di allora, che si stava un po' stereotipando. Mi ricordo che comprai il disco subito dopo aver letto la recensione e fui folgorato dalle idee innovative che il trio texano era riuscito ad infondere nella propria musica.

Da allora il gruppo si è continuamente evoluto pur mantenendo un sound preciso e inconfondibile. Sono passati da atmosfere solari di Faith Hope Love a quelle cupe e dark di Dogman, dalla psichedelia di Ear Candy al prog degli ultimi esperimenti, il tutto condito da un gusto squisito per le melodie vocali. Dopo aver contribuito a vari progetti con altri musicisti (fra cui vari Dream Theater) sono finalmente tornati con questo nuovo album.

Il disco parte col brano omonimo, una traccia ruvida e cattiva che mostra come la grinta dei nostri sia più viva che mai. "Rock Pile" è un brano dalle forti tinte punk, solo in parte filtrato dal gusto tipico del gruppo e da un certo flavour stoner. "Danger Zone" e "Working Man" sono brani pop molto elettrici e divertenti. "Dreams" cambia di nuovo le carte in tavola presentando un incedere molto più seventies e blues, con un bel solo di chitarra e un basso che spinge come un bulldozer. "Finished" è una traccia nervosa ancora molto seventies, i King's X sono in tre ma tirano come se fossero in sei! "Screamer" mantiene quello che promette e su un impianto sabbathiano innesta atmosfere molto moderne e arrabbiate. Il discorso continua con "Bad Luck", un'altra traccia cattiva e sulfurea. "Down" è, finalmente, un isola di tranquillità, una ballata umorale poco commerciale, ma con belle melodie. "Won't Turn Back" ci restituisce la grinta iniziale e siamo ancora in territorio punk. "Two" è uno dei miei brani preferiti, perché è il meno prevedibile con le sue alternanze di parti dure e morbide. Il rock 'n' roll formato punk torna in veste diversa, ma con i medesimi contenuti in "You're the Only One". A sorpresa arriva "Johnny", un brano di oltre undici minuti che propone un intreccio hard ai limiti del reggae, ma anche molto prog. Si chiude con il punk diretto di "Save Us" un album ricco di contrasti, musica diretta e più essenziale che in passato, ma sempre ad altissimo livello. Una gradita conferma. GB

Altre recensioni: Live All Over the Place; Ogre Tones; XV; Live Love in London

Interviste: 2008

Live Report: 2009

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Artisti correlati: Ty Tabor, Jerry Gaskill, Dug Pinnick, Supershine


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