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            nebbia si alza piano dalle brughiere del Connemara, il sole illumina 
            lentamente le figure fatate che si specchiano nei mille laghetti e 
            sulla terra ricoperta di torba avanzano gli spettri degli eroi delle 
            saghe della verde terra d'Irlanda.
 Siamo al quarto capitolo discografico per i gloriosi Cruachan, la 
            formazione più genuina di folk metal, quelli che più 
            di tutti gli altri sono riusciti a coniugare la tradizione musicale 
            celtica con il metal più moderno. Risolti (almeno speriamo) 
            gli ultimi problemi di formazione che hanno ritardato la realizzazione 
            del presente album, il gruppo si ripresenta con Karen Gilligan alla 
            voce, Keith Fay voce maschile, chitarre e molti altri strumenti, John 
            Clohessy al basso e Joe Farrel alla batteria, mentre ci sono vari 
            ospiti con strumenti tradizionali.
 
 Pagan si presenta subito molto duro e aggressivo, a metà strada 
            fra l'ultimo Folk-Lore e il sound molto più black metal degli 
            esordi. "Michael Collins" omaggia il grande patriota morto 
            in un vile attentato, come ci ha raccontato anche il bel film di qualche 
            anno fa. I Cruachan del resto nei loro testi hanno sempre proposto 
            un mix di mitologia, storia medioevale e contemporanea e amore per 
            la letteratura fantasy in particolare quella di Tolkien. L'attacco 
            del brano è in puro stile tradizionale, ma poi entrano le chitarre 
            distorte con un riff tagliente ed acido, ma con l'ingresso di Karen 
            che canta in modo stregato e il brano si incendia. "Pagan" 
            è una lunga e feroce critica al cristianesimo, non tanto nei 
            suoi aspetti dogmatici, ma rispetto a quelli istituzionali ed organizzativi, 
            in questo clima il sound non poteva che essere estremo e duro, con 
            le parti celtiche appena accennate. Allora ecco che la poetica e malinconica 
            "The Gael" arriva come un balsamo per lenire le ferite. 
            L'energia torna a scorrere pura e indomita in "Ard Ri Na Heireann", 
            una delle tracce dove metal e folk si integrano con quella naturalezza 
            propria del gruppo. Dopo un breve tradizionale arriva "Viking 
            Slayer", un'altra traccia potente che irrompe come una carica 
            di cavalleria. "1014 AD" è una variazione del tema 
            con una componente molto ottantiana e forti tracce folk. Un secondo 
            tradizionale buono per prendere una sbornia di Guinnes in compagnia 
            precede un'altra colata di metallo con la divertente "Summoning 
            of the Sidhe". L'alternanza si ripete nei seguenti quattro brani, 
            con gli ultimi due che propongono in una nuova veste due vecchie traccie.
 
 I Cruachan sono tornati più bellicosi che mai e desiderano 
            invadere i vostri lettori cd con la loro originalissima musica. GB
 
 Altre recensioni: Tuatha Na Gael; Folk-Lore; 
            The Morrigans' Call
 
 Interviste : 2002; 2004
 
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