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            occasione della recente pubblicazione del nuovo album Rockford, la 
            SPV, com’è sua abitudine, ha ristampato questo album 
            in studio uscito nel 2003, sei anni dopo il precedente lavoro. I Cheap 
            Trick sono in circolo dalla seconda metà degli anni ’70, 
            il loro debutto era uscito nel ’77 e da allora non hanno mai 
            abbandonato le scene. Una carriera trentennale in un panorama dove 
            è successo di tutto, dove molte mode si sono alternate, ma 
            la band dell’Illinois è sempre rimasta fedele al proprio 
            sound che ancora oggi risulta fresco e graffiante come ai tempi del 
            classico Dream Police.
 Il disco apre con un’incredibile dose di energia, “Scent 
            of a Woman” è un brano perfetto che coniuga con grande 
            sapienza forza e melodia, i Cheap a distanza di anni sono ancora dei 
            grandi e lo dimostrano con orgoglio. “Too Much” evidenzia 
            il lato più pop del gruppo, ma la classe non manca di certo. 
            Quasi psichedelica è invece la title track, che sembra un tributo 
            ai Led Zeppelin più orientali. Ma anche la seguente “Pop 
            Drone” è molto psichedelica e settantiana. “My 
            Obsession” è un po’ riempitiva, ma carina, mentre 
            “Words”all’inizio ricorda certe cose a cavallo fra 
            gli anni ’50 e i ’60, con tanta nostalgia e molto spirito 
            americano, poi sfocia nel tipico power pop del gruppo. Ma se fino 
            adesso il gruppo ci aveva accarezzato, ora arriva la ruvida “Sorry 
            Boy” coi suoi suoni acidi e sguaiati, non sembrano nemmeno il 
            gruppo di prima, ma è un gran pezzo, per certi versi mi ricordano 
            i suoni dei Tin Machine di David Bowie. Solo un antipasto perché 
            ecco che “Best Friend” ci precipita in un vortice ipnotico 
            di grande effetto. In “If I Could” provano anche la strada 
            del trip-hop, e in questa occasione mi hanno dato l’impressione 
            di inseguire un po’ quello che hanno fatto gli U2. L’impressione 
            perdura anche nelle seguenti “Low Life in High Heels” 
            e “Hummer” che sono collegate fra loro e chiudono un po’ 
            sottotono un disco fino ad ora molto convincente.
 
 Tralasciando il finale un po’ sperimentale, devo dire che questo 
            disco mi è piaciuto molto e ho provato le belle emozioni che 
            i Cheap Trick mi avevano regalato negli anni ottanta, in fondo in 
            tutti questi anni non sono cambiati molto e ne siamo grati. GB
 
 Altre recensioni: Rockford; Silver
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