Rock Impressions

Asia ASIA - Aria s.e.
Inside Out


La ristampa della discografia del più popolare supergruppo del prog prosegue a spron battuto e oggi abbiamo per le mani Aria, il quinto lavoro del 1994, che segue il dignitoso Aqua di un paio d’anni. Non c’è più l’impareggiabile Howe alla chitarra, il carismatico Wetton alla voce e al basso e il funambolico Palmer alla batteria, solo Downes porta avanti il progetto in compagnia di John Payne alla voce e al basso, Al Pitrelli alle chitarre e Michael Sturgis alla batteria.

Il disco parte bene con la solita superproduzione e un brano ammiccante come “Anytime” che diventa subito un classico del gruppo, seguita a ruota dal pomp epico di “Are You Big Enough”. Musica commerciale, che prosegue in una discografia non certo memorabile per chi ha seguito le gesta settantiane dei membri fondatori di questo progetto. Anche la lenta “Desire” non è malaccio, grazie soprattutto alle vocals di Payne che è molto ispirato, anche se si incomincia ad annoiarsi. Ma è con “Summer” che le illusioni si spengono del tutto, il suo poppetino fiacco e bolso risulta stracotto e non è buono nemmeno per le classifiche, certo gli Asia originali erano un’altra cosa. Le cose non migliorano con “Sad Situation” e la situazione triste è lo stallo creativo del gruppo. Si va sempre più in basso con “Don’t Cut the Wire”, nonostante i coretti molto catchy. “Feels Like Love” è salvata ancora dall’interpretazione sofferta e teatrale di John, un lento che funziona con un piacevole crescendo. Con “Rememberance Day” si torna finalmente a respirare l’aria dei primi lavori, anche se il risveglio è un po’ tardivo, comunque resta uno degli episodi migliori del disco. “Enough’s Enough” ci fa tornare nella noia più triste, ma ecco arrivare il pezzo forte, l’anthemica “Military Man”, un brano molto ruffiano che gioca la carta sicura del pomp epico e il gioco funziona. Chiude “Aria” che precede i bonus, una traccia breve fra tensioni intimiste e solenni, dominata dal pianoforte, francamente ci si poteva aspettare di più.

Fra le bonus troviamo il brano “Reality”, che sembra la sigla di chiusura di un filmetto americano, una versione semi acustica di “Military Man” (è annunciata come acustica, ma c’è la chitarra elettrica), il pezzo perde la carica epica e acquista in pathos e teatralità, non male. Infine troviamo la traccia video dell’introduttiva “Anytime” che per la verità è più una curiosità che un contenuto speciale.

Non basta la cover di Roger Dean o l’abilità di Downes a tenere alta la bandiera degli Asia, servono anche le idee e in questo Aria non ce ne sono molte, purtroppo. GB

Altre recensioni: Alive in Hallowed Halls; Aqua; Anthology; Arena; Archivia 1 & 2; Omega; Phoenix



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