| Da molti considerato l’erede del compianto Allan Holdsworth, 
            Wingfield vanta una notevole prolificità con numerosi album 
            usciti a partire dal 2000 per la Moonjune, casa specializzata nel 
            genere jazz/fusion che aveva prodotto, fra le altre cose, anche parte 
            della discografia di Holdsworth.
 
 Le sue composizioni, un po' avanguardistiche, sono state oggetto di 
            studio nel dipartimento di musica contemporanea del Goldsmith College 
            di Londra.
 
 Ascoltando questo “Tales from the Dreaming City” (Racconti 
            della Città dei Sogni) si rilevano immediatamente rilevanti 
            differenze fra il suo stile e quello di Holdsworth.
 
 Wingfield fa un maggiore uso di un timbro acido e di note alte, talvolta 
            quasi stridule, che non ritroviamo quasi mai nei timbri più 
            caldi del suo predecessore.
 
 Nei fraseggi invece si riscontrano alcune analogie, specie nei brani 
            più intimisti (“Looking Back at the Amber Lit House” 
            - Ricordo della casa illuminata d’ambra) ma un minore uso dei 
            “power chords” che erano un po' il marchio di fabbrica 
            di Allan.
 
 Nelle scelte armoniche e ritmiche Wignfield è più vicino 
            ad un industrial tipico dei Tunnels di Percy Jones e Mark Wangon, 
            che alla consueta fusion ricca di aperture strumentali.
 Fa un po' eccezione il brano “At a small Hour of the Night”, 
            molto di atmosfera, rarefatto e nervoso.
 
 Coadiuvato da ottimi musicisti quali Asaf Sirkis alla batteria, Dominique 
            Vantomme al synth e Yaron Stavi al basso, Wingfield realizza un album 
            dove la sua chitarra lascia poco spazio agli altri strumenti, che 
            creano un confortevole tappeto di suoni su cui spaziare, se non per 
            gli incisivi interventi percussivi che gli occorrono per creare quell’atmosfera 
            compressa e ricca di tensione o per qualche fraseggio in cui si alterna 
            con il basso.
 
 Per quasi tutto l’album Wingfield non ci concede tregua, dipingendo 
            ansie, paure, malesseri e malinconici scenari onirici. Raramente ci 
            sono sprazzi di luce, se non quella fastidiosa che costringe al risveglio.
 
 L’album è complessivamente affascinante, ma non di ascolto 
            immediato.
 E’ consigliato agli amanti del genere, che adorano immergersi 
            in sonorità e armonizzazioni poco consuete, ma di grande fascino. 
            VV
 
 Altre recensioni: Proof of Light; The 
            Stone House; Zoji; The 
            Gathering
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