| Torna Il Tempio Delle Clessidre col seguito dell’omonimo album, 
            uscito circa tre anni fa e che ci aveva fatto un’ottima impressione. 
            C’è da registrare il cambio di vocalist, al posto del 
            veterano Stefano Galifi, oggi troviamo il giovane Francesco Ciapica, 
            mentre il resto della band è rimasto stabile e ruota in particolare 
            attorno alle figure della tastierista e cantante Elisa Montaldo e 
            del bassista Fabio Gremo, che sono gli autori delle musiche e dei 
            testi. Completano la formazione Giulio Canepa alle chitarre e Paolo 
            Tixi alla batteria.
 
 Il concept del disco si basa sulla natura intesa come entità 
            e spirito, una forza che governa il mondo e che spesso l’uomo 
            ha usato male, ecco allora l’immagine di copertina, dipinta 
            da Alessandro Sala, che ritrae un grande albero, che con le radici 
            stritola le case, riprendendosi il controllo.
 
 Il vento accompagna l’apertura del cd, poi entrano delle chitarre 
            classiche vellutate e dei suoni di tamburelli, la natura si risveglia, 
            “Kaze” è un brano surreale, che mescola strumenti 
            etnici, dal Giappone al mediterraneo per diventare una overture immaginifica, 
            un bel modo di avviare l’album. “Senza Colori” è 
            molto dark, un riff rallentato e atmosfere plumbee rendono bene la 
            sensazione di uno spazio incolore, fatto di toni di grigio. Il cantante 
            Ciapica ha una bella voce, il testo però soffre del male che 
            ha attraversato un po’ tutta la scena prog tricolore con cantato 
            in italiano, che non è mai stato molto scorrevole e questo 
            non esalta le sue doti, ma il brano nel complesso è molto bello. 
            Si prosegue con “Il Passo”, puro prog tra racconto e belle 
            costruzioni musicali, nel segno della migliore tradizione, ottimo 
            il finale epico e sontuoso. Toccante il lirismo di “Fino alla 
            Vetta”, tutto funziona bene, musica e voce, poi il brano si 
            irrobustisce e sono scintille. Ancora più spettrale è”Onirica 
            Possesione”, brano complesso e teatrale, che mostra un gruppo 
            che si è impegnato tanto e con buoni frutti. Molto particolare 
            la breve “Notturna”, dove spicca Elisa, brano onirico 
            e fatato. Chiude la suite “Il Cacciatore”, che racchiude 
            davvero tante idee e certifica la bravura di questi musicisti visionari, 
            capaci di andare con forza contro corrente.
 
 Disco molto bello, suonato in modo egregio, con composizioni accattivanti, 
            ma se posso fare una critica… perché il titolo Alienatura? 
            È l’unica cosa che non mi è piaciuta, sembra una 
            parola stonata, un disco così riuscito avrebbe meritato un 
            titolo migliore. Prendete queste mie parole finali con simpatia, ho 
            solo voluto smorzare i toni e far sorridere un po’. GB
 
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