Rock Impressions

Taproban - Posidonian Fields TAPROBAN - Posidonian Fields
Mellow Records
Distribuzione italiana: Mellow Records
Genere: Prog
Support: CD - 2006


Questo gruppo romano mi aveva colpito fin dal debutto su Musea, perché i tre musicisti, che nel tempo sono rimasti stabili, avevano espresso delle idee molto interessanti. La loro evoluzione artistica si è resa evidente con l’ottimo Outside Nowhere, un disco più omogeneo del debutto. Ecco allora che la mia curiosità per questo terzo album era piuttosto alta: sarebbe riuscito il gruppo a fare un ulteriore passo avanti?

Il mio interesse poi era ancora maggiore, perché se è vero che il terzo disco è quello della maturità artistica, ovvero il lavoro con cui un gruppo dimostra se ha delle vere potenzialità da esprimere o se, viceversa, ha esaurito le sue cartuccie coi primi due album, allora Posidonian Fields diventa il vero banco di prova per testare i Taproban.

Come anche i due precedenti anche questo nuovo capitolo è un concept. Non so se sia un caso, ma il primo album parlava dei Giardini di Villa Bomarzo, quindi in un certo senso della “terra”, il secondo era molto space rock, quindi “aria”, questo terzo parla del mare, ovvero “acqua”, ma tralasciando questa piccola curiosità, veniamo alle nuove traccie. L’album è diviso in tre “capitoli” con dieci brani, il primo è “Immersion”, la prima traccia è un intro dal sapore misterioso, viene declamato un brano in greco che da un ulteriore tocco esoterico, ma il primo vero pezzo è appunto “Immersion” con una lunga parte cantata, la chitarra apre con un arpeggio ed è molto onirica e suggestiva, il cantato ricorda molto certi pezzi settantiani cari anche a molte formazioni hard rock o certe melodie dei Caravan, ma quando entrano le tastiere le atmosfere prog prendono il sopravvento, poi il sound si fa sinfonico e rimanda agli Yes, ma è solo uno dei tanti cambiamenti, questo brano ci porta a sondare le profondità della musica e quando l’hammond C3 inizia a dominare si viene sopraffatti. Chiude il primo capitolo “Caronte’s Ship, una lunga fuga d’organo, vagamente ELP, ma ricorda anche certe cose di Uriah Heep, l’atmosfera è cupa e fascinosa.
Il secondo capitolo è “Suspension” che si apre con “Riding in the Posidonian Fields”, solare e piena di vibrazioni positive, ci sono vari echi, ma nel complesso è un brano veramente bello. Con “Entwinings” si attua una sterzata piuttosto brusca, con un gran basso in evidenza, poi chiude il pezzo che da il titolo al capitolo in modo molto atmosferico, che ricorda vagamente i Pendragon.
Il terzo ed ultimo capitolo non poteva aprire meglio che con la piece de resistance “Octopus!”, forse il brano più bello e maturo del disco, ricco di passaggi memorabili. Altra perla è la tenebrosa ed epica “Uncontrolled Dreams”, meno immediata della precedente per la sua natura cangiante. Le profondità diventano psicologiche nell’introspettiva “No Return”, dove psichedelia e world music si uniscono in modo stupefacente. La breve “Farewell” chiude con delicatezza l’album, anche se è seguita dalla traccia nascosta “Rebirth”, fra l’etnico e il medievale.

Il nuovo disco dei Taproban mostra tutto il suo valore nello svilupparsi dei brani, nella crescita di intensità che si esprime man mano che la storia narrata si rivela, un disco bello fino alla fine e che rivela i suoi tesori solo con ripetuti ascolti, così come fa il mare che è sempre molto geloso di quanto conserva. Promosso a pieni voti. GB


Ero davvero curioso di ascoltare il nuovo lavoro del trio romano Taproban, per diversi motivi, il più rilevante è il fatto che generalmente il terzo disco è quello della verità. Positivamente colpito dal debutto di “Ogni Pensiero Vola” e dal più maturo “Outside Nowhere”, mi aspetto buone nuove, le premesse ci sono tutte, così come le novità. La prima cosa che salta immediatamente all’orecchio è l’ottima produzione ed una più attenta ricerca agli arrangiamenti e questo grazie soprattutto alle registrazioni effettuate nello studio professionale XL Studio, nel quale Gianluca De Rossi ha potuto suonare un vero Hammond C3. Le liriche sono ancora una volta basate su storie fantastiche, questa volta con “Posidonian Fields” si perlustrano i fondali marini e non solo, anche quelli della psiche umana, arricchiti da una spruzzata di avvenimenti quotidiani. La bellissima copertina curata dal solito Davide Guidoni (autore anche dei testi sennonché batterista) è affascinante tanto quanto il contenuto sonoro. Le novità proseguono, il cantato del chitarrista Guglielmo Mariotti è più presente che in passato e pure il suo contributo in fase di composizione è maggiore.

Siamo al cospetto di tre suite, La prima intitolata “Chapter One: Immersion”, la seconda “Chapter Two: Suspension” e la terza “Chapter Three:Oblivion”. La musica comincia con il mormorìo del mare, il suono è pulito e la chitarra acustica di Guglielmo ci trascina nell’immersione. Sono presenti richiami sia al New Prog che al Prog italiano anni ’70, ma anche Yes ed EL&P. Come caratteristica del gruppo, le tastiere hanno un ruolo di grande importanza e ben si amalgamano con la perfetta ritmica di Davide. Spettacolare il finale di “Charter One: Immersion” dal sottotitolo “Caronte’s Ship Imponderability”, una corsa nei fondali marini con fughe strumentali come genere impone.
Il capitolo due si apre con una buona melodia voce-chitarra e qui i Taproban dimostrano di essere davvero cresciuti in esperienza. La personalità fuoriesce, così come il pathos. Un muro sonoro si staglia su di noi per poi aprirsi dolcemente nel subconscio, è “Suspension”, leggera come l’aria delle tastiere che la creano. Sono i Pendragon più sognanti a presentarsi a noi. E via, senza soste verso il terzo capitolo “Oblivion”. Lo stile Orme anni ’70 che a volte ha caratterizzato il sound del gruppo, fa capolino nelle parti strumentali ma sono solo piccoli sprazzi, così come i momenti più Marillioniani.

Qui c’è tutto quello che un Prog fan vorrebbe sempre ascoltare, un put pourrie di armonie che riempiono la mente. Ed il mare ci trascina alla riva. Abbiamo dovuto attendere due anni per riascoltare nuovamente i Taproban, abbiamo scommesso sul loro talento ed abbiamo vinto. “Posidonian Fields” è un grandissimo disco, dobbiamo essere più che orgogliosi del Progressive nostrano, sempre più a testa alta e maturo. Bene, la mia curiosità è appagata! MS

Altre recensioni: Ogni Pensiero Vola; Outside Nowhere; Strigma

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