| Dopo 
            aver ascoltato la seconda opera dei francesi Taal abbiamo voluto recuperare 
            anche il debutto di questa formidabile formazione. Almeno due buoni 
            motivi ci hanno spinto a ricercare il presente CD uscito nell'ormai 
            lontano (discograficamente parlando) 2000, primo il valore dell'album 
            e del gruppo in questione, autore di un prog superlativo, secondo 
            perché il disco non era arrivato in redazione all'epoca dell'uscita, 
            ma è ancora distribuito e pertanto non è difficile da 
            recuperare.
 La musica dei Taal è complessa e particolarmente affascinante, 
            brani prevalemtemente strumentali con grandi atmosfere ricche di senso 
            drammatico, una miscela esplosiva di classico prog di scuola settantiana, 
            in particolare penso a King Crimson e Van Der Graaf Generator, e prog 
            metal attuale, ma le soluzioni sono sempre molto personali e i riferimenti 
            devono servire solo per poter dare delle coordinate, inoltre non mancano 
            momenti molto onirici di derivazione Pinkfloydiana.
 
 La band è composta da quattro membri fissi: Sébastien 
            Constant alle tastiere, Anthony Gabard alla chitarra, David Dosnon 
            al basso e Loic Bernardeau alla batteria, a cui si aggiungono una 
            serie di ospiti che vanno a formare una piccola orchestra, troviamo 
            infatti tre fiati, un violino e vari coristi.
 
 L'album apre con il brano "Barbituricus" di oltre quindici 
            minuti, una piece molto articolata che lascia subito a bocca aperta 
            per la quantità di idee espresse e per la forza drammatica 
            impressa. La stessa tensione prorompe anche nel brano successivo "Coornibus", 
            l'inizio onirico può trarre in inganno perché la chitarra 
            metal entra imperiosa, poi varie partiture neoclassiche rimettono 
            tutto in discussione. "Flat Spectre" arriva come un vortice 
            discendente in un labirinto oscuro e pieno di energia. "Ragtime" 
            inizia con un andamento circense, ma poi entra un sax strepitoso e 
            si sfiora il free jazz alla Zappa. "Mister Green" è 
            un altro brano stralunato e folle, ma meno oscuro e drammatico dei 
            precedenti, a tratti è quasi festoso. Con "Mister Grey" 
            e "Aspartamus" si torna a percorrere territori ricchi di 
            suggestioni, talvolta spettrali, ma sempre di grande fascino. Chiude 
            la bellissima "Super Flat Moon", oltre undici minuti di 
            soluzioni geniali e sorprendenti che esalteranno tutti gli amanti 
            del prog più elevato.
 
 Mister Green è uno dei migliori album di debutto che mi sia 
            capitato di ascoltare, un capolavoro da avere assolutamente, così 
            come il successivo Skymind! GB
 
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