Rock Impressions

Spock's Beard SPOCK'S BEARD - Spock's Beard
Inside Out
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: Prog
Support: CD - 2006


Gli Spock’s Beard del dopo Morse continuano imperterriti la loro strada, come se nulla fosse mai cambiato, anche se tutti sanno che non è proprio così, non che il gruppo da Feel Euphoria in poi abbia fatto troppo rimpiangere il talento di Neal, ma a mio parere non hanno più trovato una vera identità. Forse proprio per questo hanno scelto di intitolare il nuovo disco, il nono della loro discografia, semplicemente col loro nome, scelta bizzarra e sicuramente discutibile.

Ad aprire il disco troviamo un brano che mi ha lasciato sconcertato, “On a Perfect Day” suona come il vecchio prog settantiano, un po’ King Crimson e un po’ Caravan, ascoltate il bridge con le due chitarre acustiche e il flauto per capire, e mi sono detto che il gruppo doveva essere impazzito per mettere come opener un brano così ovvio e scontato, quasi commerciale, anche se è ben confezionato. Ma la traccia seguente mi ha fatto ricredere, “Skeleton at the Feast” è un brano strumentale molto heavy, con un basso potente e dei tempi spaventosi in undici ottavi e il gruppo si riscatta. La breve “It’s This Love” sembra uno scherzo musicale, ma è sorretta da armonie e tempi molto complessi. “All That’s Left” suona come una canzone pop, si ricorda con facilità, ma non è così semplice come sembra, nel complesso una bella traccia. La prima parte di “With Your Kiss” rimane nei canoni di una canzone, ma mi dice molto poco, verso la metà ci sono delle sperimentazioni interessanti, ma che non catturano, poi parte una parte fra il tribale e l’hard rock che non è poi così originale come il gruppo avrebbe voluto. Si torna ad un prog più canonico con “Sometimes They Stay,…”. Bella e solenne “The Slow Crash Landing Man”, anche se un po’ prevedibile. “Wherever You Stand” recupera in aggressività, con un cantato ai limiti del funky metal. “Hereafter” è una ballad per piano e voce che potrebbe essere uscita dal repertorio del Billy Joel più intimista. A questo punto prende vita una suite in quattro parti, che serve a recuperare il prog nel senso più classico, quello che ha dato fama al gruppo americano, ma non so se basterà ai fans più esigenti. Buono il finale affidato alla intensa “Rearranged”.

Questo disco farà gridare al miracolo i fans più fedeli (e sordi), mentre altri resteranno con l’amaro in bocca, si tratta certamente di un buon disco, con tanta buona musica, ma dopo averlo ascoltato varie volte io rimango fra la schiera dei delusi, perché è un album dispersivo, che non mostra una vera identità e non si sa nemmeno dove voglia parare, ha un po’ il sapore di un’opera incompiuta. Ora non resta che vedere cosa ci riserverà il futuro di questi musicisti, ma io la vedo grigia. GB

Altre recensioni: Snow; Don't Try This at Home (DVD); Feel Euphoria; The Light; Octane;
Gluttons for Punishment; X; Brief Nocturnes and Dreamless Sleep

Live: 2014


Artisti correlati: Neal Morse; Ryo Okumoto; Nick D'Virgilio; Transatlantic

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