Era
da parecchio che desideravo ascoltare questo gruppo, ma non ne avevo
ancora avuto l'occasione, per questo nutrivo una certa curiosità,
che è stata appagata con questa nuova fatica.
Da subito emerge che Tep Zepi è un lavoro molto complesso e
difficile da inquadrare, l'iniziale "Aurea Carmina" ha l'incedere
di un brano enigmatico ed esoterico, con una parte iniziale quasi
lirica e una finale onirica e oscura, quasi fosse la celebrazione
di un rito pagano.
"Sacro Re" per metà è uno strumentale che
si muove sui mari più sicuri di un prog complesso e articolato,
più aderente ai classici, anche se permane un'alea di mistero
che emerge in varie parti della composizione. Poi la seconda parte
propone un testo ermetico di difficile lettura. Il cantato impostato
del singer ricorda molto il Banco e i Fiaba, non è sempre accessibile,
ma è sicuramente interessante. "Pardes" è
un brano ricco di cambi di tempo, non sempre convincenti perché
un po' prolissi, quasi fosse uno sfoggio, non necessario, di doti
tecniche. "Iperborea" con i suoi oltre undici minuti torna
alle atmosfere oscure e misteriose iniziali e recupera spessore e
convinzione, non mancano i passaggi puramente tecnici, ma sono più
funzionali al brano e quindi più godibili. "Montsalvat"
è la prosecuzione di quanto esposto nei brani precedenti, c'è
ancora il prog articolato e c'è quell'alone soprannaturale
che è caratteristico del gruppo. La suite "I Quattro Signori"
è divisa in tre parti e chiude l'album, una summa dell'identità
difficile e tenebrosa di questo gruppo, che riesce a infondere nella
propria musica una tensione drammatica di grande forza.
Un grande disco di prog oscuro, non sempre scorrevole, ma dal fascino
indiscutibile. GB
Altre recensioni: Manu Menes; Ai
Cancelli dell'Ombra; Le Roi Du Monde
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