Nel mondo della musica esistono storie a cui spesso non si riesce
a dare una spiegazione. Fenomeni popolari che non hanno la valenza
del successo ottenuto, e band che stupiscono per qualità, tecnica
e songwriting che spariscono in un istante. La storia degli americani
Power Of Omens va a collocarsi nel secondo caso, un esordio importante,
una conferma e …la sparizione.
Se andiamo ad analizzare l’album “Eyes Of The Oracle”,
facciamolo nel contesto in cui è scaturito, ossia nel 1998,
ragioniamo quindi nell’ottica di quando il Metal Prog ha già
conosciuto da molto tempo fenomeni come Queensryche, Dream Theater,
Fates Warning, Savatage etc. La band non ha difficoltà a muoversi
nell’ambito in quanto agisce in una strada già spianata,
dove un vasto pubblico aspetta con ardore e famelicità nuove
realizzazioni in tema. I fans delle band succitate sono attenti ed
esigenti, il genere stesso lo necessita, grande tecnica, ottima voce
e buone canzoni sono da rispettare, e gli ingredienti in questo esordio
ci sono tutti. Per questo lo split è ingiustificabile ed inspiegabile.
Voce alla Geoff Tate (Queensryche) e songs in stile Fates Warning
di “Parallels”. Pazzesco!
Il quartetto di San Antonio (Texas) si forma nel 1994 e realizza due
demo, il primo nel 1996 formato da dieci canzoni ed il secondo nel
1997 composto da cinque. Grazie a loro riescono a chiudere un contratto
con la Elevate Records, casa discografica attentissima ai fenomeni
Metal Prog.
Il risultato ufficiale “Eyes Of The Oracle”, è
composto da nove canzoni fra le quali una lunga suite di venti minuti
dal titolo “Test Of Wills”, per una lunga durata di settantadue
minuti! Il gruppo è formato da Chris Salinas (voce), David
Gallegos (chitarra), Matt Williamson (basso) e Alex Arllano (batteria).
Immancabile l’intro qui dal titolo “Inner Voices”
che conduce a “Alone I Stand”, canzone che mostra immantinente
le caratteristiche della band, controtempi, ritmi spezzati e un basso
suonato in maniera spettacolare, chitarra (anche acustica) presente
e tecnica per non parlare della voce che vola alta a seconda delle
esigenze. Si intuisce subito che non sono una band comune… eppure…
Non serve fare lo spelling alle canzoni, perché sono facilmente
intuibili già da quanto vi ho descritto, tuttavia una menzione
a parte va alla conclusiva “Tears Of The Wind”, ballata
acustica e strumentale non scontata.
Nel 2002 è la volta di un altro gioiellino, “Rooms Of
Anguish”, poi il nulla. Peccato e li annovererò per sempre
fra i casi mai risolti di questo immenso mondo sonoro chiamato Metal
Prog. Pubblico…avete in seguito dato successo a band clone di
Dream Theater e a gruppi non eccelsi in confronto ai Power Of Omens,
ma perché? Se qualcuno sa, che mi spieghi. MS
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