| Penso 
            che Steve Lukather (voce e chitarra dei Toto e rinomato session man) 
            non abbia certo bisogno di presentazioni, è uno dei musicisti 
            più amati del circuito AOR e hard melodico, anche se nella 
            sua carriera solista ha saputo dar vita anche ad album intensi e interessanti 
            come Candyman del ’94, dove fanno capolino anche altre influenze 
            musicali. Ora che i Toto sono accasati alla Frontiers, anche lui ha 
            voluto produrre il suo nuovo album solista con l’instancabile 
            label partenopea. Questo nuovo capitolo segue l’impronta melodica 
            tanto cara al nostro, ma non mancano dei brani più avventurosi, 
            con spunti fusion e jazz.
 Undici sono i brani che compongono il disco e molte sono le special 
            guests che appaiono, dal primo vocalist dei Toto Joseph Williams a 
            Steve Porcaro, ma non voglio distrarre la vostra attenzione dall’album. 
            Il brano di apertura è l’hardeggiante title track, probabilmente 
            la canzone che tutti gli amanti dei Toto più rock aspettavano 
            da tempo. Il taglio delle chitarre è secco e deciso, con dei 
            cori molto azzeccati. “The Letting Go” è una ballata 
            che invece ripiega su un territorio morbido molto più vicino 
            al repertorio del gruppo madre, risultando piuttosto fiacca e impersonale. 
            L’anima hard rock del nostro torna a riemergere nella graffiante 
            “New World”. Anche “Tell Me What You Want From Me” 
            è piuttosto dura, ma alterna momenti jazzati risultando più 
            profonda e complessa di quanto non sembri, un bel brano davvero. “I 
            Am” torna ancora alle atmosfere morbide dei Toto, ma ecco arrivare 
            uno dei pezzi forti dell’album, la funkeggiante “Jammin’ 
            With Jesus”, che mescola ritmiche decise e cariche di groove 
            a suoni duri e diretti e ottime linee vocali, ci sono anche dissonanze 
            e sperimentazioni e uno splendido solo di chitarra, davvero un brano 
            coinvolgente. “Stab in the Back” mescola elementi fusion 
            e jazz e ne esce un brano solare vagamente estivo. “Never Endig 
            Night” è una ballata elettrica retta su cori praticamente 
            perfetti, alla Toto per intenderci, ed è anche una potenziale 
            hit, ma è anche il tipo di canzoni che io trovo più 
            deboli. “Ice Bound” merita una menzione solo per il ponte 
            centrale con dei pregevoli assoli, ma il brano in se non è 
            un gran che. “How Many Zeros” per fortuna è più 
            ricercata sia nelle ritmiche che nei suoni e risulta molto più 
            interessante e ficcante, solo se fosse stata un po’ più 
            veloce e cattiva sarebbe stata un vero gioiellino. Chiude la romantica 
            “The Truth”, un titolo impegnativo per una canzone intimista 
            retta da un pregevole lavoro di chitarra, che fa brillare l’abilità 
            comprovata di Steve.
 
 Steve è un prodigio naturale, la musica che compone non mi 
            sembra sempre all’altezza della sua fama, ma di certo è 
            uno che merita il nostro rispetto in “toto”. GB
 
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