| “Born to resist!” con il punto esclamativo, come impone 
            il punk rock puro ed in compromesso col quale i Li Camp dichiarano 
            i loro intenti. Ad un vecchietto come il sottoscritto non par ancora 
            di credere alle proprie orecchie, essendo il termine punk oggidì 
            associato a quella massa indistinta di band tutte uguali, tutte inutili, 
            tutte asservite ad un sound che ricerca a tutti i costi la rotazione 
            pesante di qualche emittente televisiva, alla faccia dell’impegno 
            e dei principi per i quali lottare e dei quali esser convinti. Invece 
            i quattro folignati in “Broken glasses” ed in “Fighting 
            the teargas” innalzano inni veementi, anarchici e riottosi, 
            non curandosi dell’immagine, preferendo scagliare parole pesanti 
            come macigni, il tutto suonato a gran velocità, a rotta di 
            collo, lanciandosi contro le istituzioni, le ingiustizie, contro tutto 
            quanto suona (permettetemi il giuoco di parole!) oppressione e coercizione. 
            Pronti a stupirci cogli inserti di fiati di “Back to the Luddites” 
            e di “Angel’s tears” ove compaiono sax e trombone, 
            in un omaggio al punk militante di strada, con il vorticare degli 
            strumenti che si apre a grandi cori urlati davvero col cuore in mano.
 
 Il senso compiuto di “Born to resist!” va ben oltre il 
            mero risultato musicale, trattasi di opera che va considerata come 
            manifesto militante di chi ancora ci crede. Eccome se ci crede! AM
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