| Piano piano ritorneremo ad appropriarci del valore delle cose, la 
            finiremo di correre inutilmente e di non ascoltarci più. Imploderemo 
            inesorabilmente. Stop a “chiacchiere” mediatiche date 
            dalla stupidità di essere tutti rassicuratamene uguali, perché 
            non è così che l’uomo è. Oggi ci facciamo 
            violenza per “non essere” noi stessi, cerchiamo forzatamente 
            di piacere agli altri con la triste sicurezza di non piacerci. Eppure 
            siamo individui naturalmente unici. Finalmente mi imbatto in un disco 
            dedicato a questa tematica, sempre a me cara, perché svela 
            la differenza della musica degli anni ‘60/’70 da quella 
            di oggi. Il perché è semplice, in quegli anni l’individuo 
            era al centro dell’interesse, ossia con la sua unica personalità, 
            volenteroso di distinguersi dalla massa, oggi invece è l’esatto 
            contrario.
 Liberae Phonocratia si vuole riappropriare di questa personalità, 
            Liberae Phonocratia mette alla luce del sole il complesso periodo 
            in cui viviamo, sfregiato da una profonda aridità culturale. 
            Così nasce “Presuntrogloland” (landa dei presuntuosi 
            trogloditi), sintesi di cosa siamo e come non ci vediamo, ossia volgari 
            urlatori del nulla.
 
 Ritrovo in questo progetto una mia conoscenza, Stefano De Marchi, 
            chitarrista e compositore dei milanesi Psicosuono, autori di due album 
            molto interessanti, “Aut Aut” e “Eta Carinae” 
            (anche in versione cantata in inglese). Liberae Phonocratia è 
            un trio, che si completa con Daniele Cortese al basso e Fabrizio Carriero 
            alla batteria e percussioni. La musica proposta va ad esplorare la 
            mente dell’ascoltatore grazie alla chiave sperimentale del Jazz 
            che si incontra con il Progressive Rock e l’improvvisazione.
 
 Emblematica la copertina del cd creata da Giulietta Kretsu, dove un 
            profilo umano manifesta temporali di parole, ed un altro con un lucchetto 
            nel cervello a testimonianza della chiusura mentale, come direbbero 
            i Marillion di Fish: “Incommunicado”.
 
 Sei brani di media-lunga durata, a partire da “T-Rex”, 
            comprensivo di bell’assolo di basso, batteria e chitarra. Fra 
            le note e l’improvvisazione trapela la cultura musicale dei 
            singoli componenti, gli anni ’70 e una buona tecnica individuale. 
            La chitarra di De Marchi disegna spesso confini mediterranei. Cambi 
            di tempo in “Presuntrogloland”, cinque minuti dove la 
            chitarra la fa da padrona.
 
 Con “Lingua D’Asfalto” i giochi cambiano, l’intesa 
            del trio è più evidente, così la fase jazz e 
            comunicativa degli strumenti, fra scale ed arpeggi d’effetto. 
            Trapela all’ascolto anche il divertimento degli artisti, i quali 
            si sentono liberi di scorrazzare nella musica per la mente. Gli strumentisti 
            si ascoltano e lasciano spazio alla loro singola comunicatività. 
            Toccante l’arpeggio iniziale di “Placide Acque”, 
            e l’improvvisazione è sempre legata ad un filo conduttore 
            di armonia.
 
 La sperimentazione esce a nudo in “Qualcuno Ha Bussato?”, 
            soprattutto grazie alle numerose percussioni, ma nella la parte centrale 
            si ritorna a ritmiche solari ed assolo. Chiude “Hare Kitsch 
            & Veganization”, divertente e dal profumo Zappiano. Album 
            strumentale scorrevole e gradevole.
 
 “Presuntrogoland”, uno scioglilingua che scioglie anche 
            i nodi della mente, se siete amanti del pensare. MS
 
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