| Ci sono voluti ben tre anni per dare un seguito al discreto Ep d’esordio, 
            senza che ci siano grosse novità nel sound di questi ragazzi 
            che propongono un mix di vecchio hard rock e di stoner, con prevalenza 
            del primo. Lo stile a cui si rifanno questi quattro sognatori del 
            rock viene dai Black Sabbath, dai Blue Cheer, dai Free (di cui propongono 
            la cover di “Heartbreaker”) da tutti quei gruppi che avevano 
            un suono grezzo, sporco, diretto e dannatamente sincero.
 
 Short-Leg Dog parte in quarta con la trascinante “Sweetmeats 
            Killers” che mi ha ricordato molto gli ZZ Top, anche se i Lavoirlinge 
            sono più veloci, la base quindi è del solido blues, 
            davvero un brano ottimo. “Short-Leg Dog Boogie” è 
            aperta da un intro da urlo suonato con l’hammond, poi attacca 
            la chitarra, il titolo la dice lunga sul brano e quello che si ascolta 
            mantiene tutte le promesse, da non perdere l’assolo sempre fatto 
            con l’hammond da Bruno Marini. “Revolution Station” 
            trasuda di passione, i Lavoirlinge non sono solo degli amanti del 
            sound che ha fatto la storia del rock duro, ne sono degli autentici 
            continuatori, accostabili senza dubbio ai compagni di etichetta Bullfrog, 
            due gruppi entrambe molto dotati di vera passione. “Belly Dancer” 
            ricorda molto i riffs secchi degli Ac/Dc, nel brano c’è 
            anche un intermezzo tribale coinvolgente. “All I Got to Do…” 
            rallenta un po’ il ritmo, è un blues maledetto, che mi 
            ricorda certe cose dei Badlands per pescare in un repertorio più 
            recente. La cover di “Heartbreaker” ci da la misura della 
            passione dei nostri a testimonianza che quanto ho detto in precedenza 
            sul loro conto non è una mia invenzione. Secondo voi, che ormai 
            avrete capito di cosa si sta parlando, un titolo come “Black 
            Mud” a cosa può preludere? Io non vi rispondo, perché 
            confido nel vostro acume, comunque il titolo è veramente indovinato. 
            Altra prova di carattere è “Penguin Flight” con 
            ottimi solos di chitarra. “Stomp” è un’anthem 
            song, di quelle che non possono mancare in una set list dal vivo. 
            Ottima chiusura con la trascinante “Pop is Not Love”, 
            non ci sono storie, questa è musica che infiamma.
 
 Se il mini cd di debutto mi era piaciuto, questo primo album mi ha 
            veramente conquistato, non c’è un brano riempitivo o 
            suonato senza passione, non ci sono cadute di tono, certo è 
            musica dannatamente retrò, ma rispetto a tante uscite odierne 
            prive di temperamento, preferisco di gran lunga un disco che suona 
            come deve e questo è proprio uno di questi dischi. GB
 
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