Immagino che tutti i miei lettori conoscano il nome di Greg Lake,
ma è giusto ricordare che è stato uno dei musicisti
più influenti della scena prog, con i King Crimson nei primi
due album (ricordo solo che il primo loro album è universalmente
considerate il disco di avvio del genere) e con gli ELP poi. Chiusa
l’esperienza con Emerson e Palmer, il nostro si è trovato
a dover decidere dove andare musicalmente, in bilico tra iniziare
una carriera solista o addirittura smettere di suonare. Ha provato
coi Toto, troviamo tre brani come bonus di quell’esperienza,
ma la scintilla è scattata con Gary Moore e con lui ha messo
in piedi la band responsabile di entrambe questi album. Gli altri
musicisti coinvolti sono Tommy Eyre alle tastiere, Tristram Margetts
al basso e Ted McKenna alla batteria. Molto bello il libretto che
contiene molti testi di Lake, che spiegano il periodo e quanto è
successo, un documento prezioso.
Il genere esplorato dai due chitarristi è un hard rock melodico,
che qualche volta ha sfiorato tinte prog, altre volte troviamo pennellate
blues, ma non mancano anche alcune tentazioni pop, con ballate romanticone,
ma anche un po’ prevedibili. L’album omonimo parte con
la grintosa “Nuclear Attack”, le chitarre sono in bella
evidenza, hard rock di classe, vagamente epico e pomposo, non sorprende
che gli abbiano chiesto di entrare negli Asia al posto di Howe, anche
se poi la cosa non è durata in quanto Lake era attratto da
altri progetti (fra cui Emerson, Lake and Palmer). “Love You
Too Much” è un rock blues ancora molto grintoso e veloce
con ottimi assoli di chitarra, siamo davvero lontani dal prog, però
riascoltando dopo tempo questo disco si sente una classe che mancava
in molte produzioni coeve. “It Hurts” è la prima
ballata, la migliore proposta, ancora una volta solos da brividi.
“Black and Blue” sembra un lento degli anni cinquanta,
suonato con gran classe, ma un po’ prevedibile. Il rock più
sanguigno torna a scorrere in “Retribution Drive”. Il
brano che potrebbe risvegliare qualche emozione nel pubblico prog
è “Someone”, ma siamo verso la fine ed è
davvero poco. Interessante l’epica “For Those Who Dare”,
sorta di marcia militare vagamente circense, un po’ inno, un
po’ sberleffo. Chiudono le tre canzoni registrate coi Toto,
c’è da chiedersi cosa c’entri Lake con i fratelli
Porcaro, però si vede che il genere gli era congeniale e i
brani sono sicuramente piacevoli, soprattutto per i fan di Lukather,
poco o nulla per gli altri.
Manoeuvres risente ancora più del periodo e subito gli arrangiamenti
appaiono più morbidi, con maggiore spazio per le tastiere anni
ottanta. La title track è una fotografia perfetta della musica
del periodo, c’è tanta classe, ma è un brano pop
che era meglio affidare ad altri interpreti piuttosto. “Too
Young to Love” è molto meglio, l’impianto è
originale e finalmente si ascolta una chitarra suonata come si deve.
Il rock continua a scorrere sanguigno in “Paralysed”,
ancora class hard rock deluxe. Poi arriva la ballata “A Woman
Like You”, che a me dice abbastanza poco. Meglio l’anthemica
“Don’t Wanna Lose Your Love Tonight”, anche se la
musica è banalizzata un po’ dal testo. Da questo punto
in poi il disco prende una piega pop abbastanza netta e molti brani
perdono mordente e attrattiva, resta solo la classe. Chiude la bonus
track “Hold Me”, che ha una storia particolare. In realtà
è un brano quasi imbarazzante, sembra tratto dalla colonna
sonora di Love Boat e non aggiungo altro.
Anche un grande come Lake ha subito il fascino delle sonorità
easy degli anni ottanta, in molti frangenti ha avuto più dignità
di alcuni suoi colleghi, però non credo che i suoi fans abbiano
apprezzato questi lavori. Dischi perfettamente inseriti nel contesto
dell’epoca e superiori alla media delle uscite del periodo,
a parità di genere musicale, ma sicuramente da Lake ci si poteva
aspettare di più. GB
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