Rock Impressions

JETHRO TULL - Mantova, Palazzo Te, 16/07/05
di Giancarlo Bolther

E’ sempre uno spettacolo quando ad un concerto è tutto esaurito. I Jethro Tull sono abituati a fare il pieno nel nostro paese, dove da sempre sono molto amati e seguiti, ma nella splendida cornice dei giardini di Palazzo Te l’atmosfera è ancora più magica del solito. Non è un caso quindi se l’inizio dell’esibizione è stato ritardato per consentire l’ingresso agli ultimi spettatori.

L’organizzazione era particolarmente precisa e puntigliosa, di fronte al palco c’era l’area dei posti a sedere, dove bisognava rigorosamente stare seduti (per me è odioso essere obbligato a stare seduto ad un concerto), mentre quelli in piedi dovevano stare obbligatoriamente in una specie di recinto con la visuale in parte nascosta dall’imponente mixer. Per fortuna c’erano due maxi schermi per i più lontani, il guaio era che il regista puntava quasi sempre nel posto sbagliato, del tipo che questo puntava sul tastierista che faceva l’accompagnamento, mentre Barre faceva un bell’assolo di chitarra. Il suono era abbastanza buono, dalla mia posizione riuscivo a sentire tutti gli strumenti, ma il gruppo sul palco ha avuto dei problemi tanto da richiedere più volte l’intervento dei tecnici.

A parte questi dettagli il gruppo sale sul palco verso le dieci e da l’avvio ad una scaletta molto nostalgica e settantiana con molti classici e anche qualche brano ripescato a sorpresa, Anderson è sempre il solito istrione che intrattiene il pubblico con la sua consumata ironia inglese e suona ancora il flauto in modo superbo, mentre la sua voce, come è risaputo, ha perso da tempo il suo smalto, ma conserva ancora un certo fascino. Certo i vocalizzi di “Thick as a Brick” mancano un po’, ma può andare bene anche così.
La band suona molto bene e Barre è molto piacevole da ascoltare, tra l’altro propone anche un brano dal suo recente album solista, anche se devo dire che ha scelto uno di quelli che mi piacciono meno. A sorpresa verso la fine della seconda parte dello spettacolo sale sul palco una giovane flautista slava piena di grinta e di talento, che sfoggia anche un buon italiano e incanta sia per la sua avvenenza dal sapore gitano, che per la sua bravura che raggiunge il massimo durante l’esecuzione a due con Ian del classico “Bourée”.

Sul palco del Te ieri sera è salita un band dal grande passato che ha fatto la sua bella figura, le pecche non sono mancate, ma del resto non si può nemmeno pretendere di rivedere gli artisti con la forma di vent’anni fa, ma quel che conta per me è che in fondo io mi sono divertito. GB

Recensioni: Living With The Past; Christmas Album; Nothing is Easy; Heavy Horses

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