Dopo il gustosissimo antipasto rappresentato dall'EP lungo "Where
sun and moon unite" (che in realtà conteneva la bellezza
di dieci brani, ed a proposito del quale vi rimando alla relativa
recensione da noi già pubblicata) ecco giungere per il quartetto
Dennis Ostermann-Joerg Schelte-Stefan Vesper-Antje Schulz il momento
di pubblicare un albo vero e proprio, ovvero il presente, bellissimo
"Exile Paradise".
Disco che pure nella grafica e nelle immagini richiama il citato "Where
sun...", contenendo fra le altre le canzoni "Promised land",
la mia preferita, e "Wintermoon". Ma Ostermann e compari
non pongono nemmeno in questa occasione limiti alla loro magnanimità,
aggiungendo un gustoso bonus-CD di tre episodi. Troppa grazia! Dopo
l'oscura intro "The harder they come..." (l'outro titola
invece "...The harder they fall") e la successiva, ormai
ben conosciuta, "Promised land" (ah!, la vocina di Antje,
che dolcezza...), il raggio laser giunge alla severa "Forbidden
fruit", paradigmatica nella sua struttura, degnissima figlia
della creatività dei suoi compositori. ISC si confermano fini
cesellatori di raffinatissime sonorità ove l'elettro si sposa
a soluzioni darkeggianti, in un melange sonoro degno di pochi eletti.
Anche quando il ritmo si fa più incalzante, come in "Fading
light" od in "Regicide", mai viene meno la fondamentale
componente melodica che fa di questi brani degli autentici manifesti
di uno stile ormai consolidato ed apprezzato.
Alcun particolare viene trascurato, l'aspetto visivo si sposa alla
perfezione a quello concettuale, eppoi le canzoni fanno davvero il
resto, sospinte da una produzione chiarissima. "Manchmal redest
du im schlaf" e "Der Teufel" sono valorizzate dal cantato
in madrelingua, che le rende particolarmente solenni, sopra tutto
la seconda, oscurissima e particolarmente claustrofobica (avete presente
i Rammstein più introspettivi e lenti?). "Away from here"
gioca sui chiaroscuri generati dal cantato angelico di Antje ed uno
strumentismo assai tetro, e precede il brano più incisivo di
"Exile Paradise": "In favilla". Atmosfere sacrali
permeano questo piccolo gioiello di intimismo darkeggiante, graziato
da cori muliebri di grande effetto e da un austero incedere strumentale.
La maestosa magniloquenza delle tastiere crea ad arte situazioni inducenti
alla cogitazione solinga, nel corso dei suoi otto minuti scarsi si
prova la sensazione di elevarsi! "Something to remember"
si giuova di porzioni poppeggianti (ma non lasciatevi traviare) che
danno una soluzione alla drammaticità di "In favilla".
Exile Paradise è un disco vario, ben prodotto e ben suonato,
ove i musicisti sfruttano appieno le loro doti compositivo/esecutive.
Senza lesinare, tanto che anche le bonus tracks (oltre a "Samael"
vi sono "A single touch" e "Blind spot") non rappresentano
dei semplici riempitivi. Non osate chiedere di più! AM
Altre recensioni: Mistrust the Angels;
Where
sun and moon unite
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