Gli americani Iluvatar dopo il live “Sideshow” ritornano
con del nuovo materiale dopo la bellezza di cinque anni, i propri
fans ora hanno di che sfamarsi. Il suono di questa band ha molto poco
di americano e molto d’inglese, anche in questa ultima fatica
sono sempre i Genesis, i Pendragon ed gli Iq ad essere richiamati.
New Prog dunque e di buona levatura, ma anche influenze Rush (quelli
più progressivi) nei frangenti più tirati.
La tecnica dei singoli componenti è veramente eccelsa e quando
Tennis Mullin parte con i suoi assoli di chitarra c’è
veramente di che godere. L’impostazione vocale del singer Glenn
McLaughlin è buona ma a volte è troppo vicina a Phil
Collins del periodo “Wind & Wuthering” e quando cerca
di variare assomiglia di più a Geddy Lee (Rush). Tutto questo
non influisce più di tanto nella totalità dell’ascolto,
ci sono le onnipresenti tastiere di Kezer Mij che riempiono le nostre
casse in modo possente, ma mai troppo invadente.
I brani sono generalmente lunghi , variano dai sette minuti al quarto
d’ora dell’ultima traccia “Indian Rain”, la
più bella del disco per chi scrive. Hammond, tecnica e divertimento
nell’iniziale “Sojourns” e nei suoi nove minuti
possiamo ascoltare oltre che una buona sezione ritmica fornitaci da
Chris Mack alla batteria e da Dean Morekas al basso, anche un arioso
assolo di chitarra incastonato in cambi di tempo. Il discorso che
gli Iluvatar sono un gruppo più inglese che americano è
confermato nella successiva “Savant” dove sembra proprio
di ascoltare una canzone dei Parallels Or 90 Degrees, ma soprattutto
sfacciata è l’interpretazione vocale alla Collins. E’
evidente che comunque siamo al cospetto di un ottimo disco, oro colato
per chi ama questo ipertecnico genere. In “Dreaming With The
Lights On” non cambia quasi nulla da quanto sin qui detto, non
in “Holidays And Miracles” , dove gli Iluvatar fanno il
verso ai Marillion di “Clutching…” con un bell’arpeggio
di chitarra conducendo la canzone in ambienti prettamente intimistici.
Quello che mi stupisce di più è la semplicità
con cui questi cinque ragazzi passano da ambientazioni Hard Rock a
quelle più pacate senza che neanche ce ne accorgiamo. Tutto
viaggia fluido, senza troppi momenti di stanca e pure, anche se è
musica di genere datato, sembra essere molto attuale…
“Batter Days”, causa una chitarra elettrica molto aggressiva,
si addentra in sentieri Hard Rock e non dispiace affatto. Si lascia
ascoltare allegramente con tanto di movimento del piede che parte
da solo a nostra insaputa. Ballata per “Even Angels Fall”,
nulla di trascendentale ma carina. Conclude il disco ottico la bellissima
(come già anticipato) “Indian Rain”, stracolma
di emozioni, canzone che tutti gli amanti di Prog vogliono sentire
ma soprattutto avere nella propria discografia.
L’America, insomma, in qualche timido tentativo cerca di dire
la sua in ambito progressivo, personalmente consiglio Spock’s
Beard, Echolyn, Glass Hammer e Rocket Scientists a chi volesse addentrarsi
in questo mondo, ma sicuramente sono da aggiungere alla lista anche
questi Iluvatar.
Dimenticavo di dire a chi volesse cercare l’intera discografia
del gruppo che questo “A Story Two Days” è il loro
quarto lavoro. Vedete voi. MS
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