Ricordate l’esordio dei General Strotocuster? Era il 2011 e
sono serviti circa due anni per dare un seguito a quel bel disco,
intanto Jack Meille ha proseguito coi suoi impegni coi Tygers e con
i vari progetti di cui fa parte, così come hanno più
o meno fatto anche gli altri. La voglia di infiammare il palco di
questi musicisti è tornata prepotente ed ecco questo nuovo
album pieno di energia a dimostrarlo. La formazione è praticamente
identica, troviamo solo l’ingresso del tastierista Federico
Pacini ad arricchire il sound corposo di questi nostrani cowboy.
Il disco comincia con “Drifter” puro hard blues che ricorda
vagamente i grandi Free, la voce di Meille è perfetta e col
passare degli anni sembra migliorata, ottimo il lavoro ritmico, che
sostiene con grande feeling le torride scorribande della chitarra
sporca di Fabio Fabbri, ma si nota anche l’organo di Pacini,
che arricchisce il sound di un tappeto veramente coinvolgente, ottimo
avvio ricco di classe e potenza. “Cute Evil Angel” ha
una bella linea melodica con un tocco di r’n’b, ma è
comunque un solido hard rock. Irresistibile poi è il riffing
funkeggiante della Title Track, veramente sensuale e devo dire che
si riflette bene nell’artwork ammiccante, ancora una volta il
gruppo dà prova di grande capacità nel cesellare un
rock ben congegnato e molto coinvolgente. “What Are You Lookin’
For” è una ballata dal sapore western con un andamento
drammatico, un po’ ZZ Top e un po’ Nick Cave, gran bel
pezzo davvero. Ma ancora più toccante è il blues rallentato
di “Don’t Be Afraid of the Dark”, con Jack che sfodera
un’interpretazione da brividi, mentre il lavoro di chitarra
è semplicemente sublime. La musica della grande frontiera spunta
ancora in “Alone”, che ha un bell’incedere pur essendo
sostanzialmente una country ballad, solo un po’ più veloce
con una gran bella melodia. Nell’acustica “I Just Got
Scared” Meille mostra tutta la sua prossimità a Robert
Plant, già col suo progetto Norge aveva mostrato quanto fosse
bravo a vestire i panni dello storico singer, ma in questa composizione
propria è ancora più bello scoprire questa vicinanza.
“Time” è un’altra ballata con la dobro che
pennella raffinatezze e Jack che canta con voce calda e carezzevole.
Echi di Zeppelin anche nel trascinante rock ‘n’ roll della
conclusiva “Push to the Limit”, bravi tutti a regalarci
un vero pezzo di bravura, dove il rock pulsa vitale come ai bei vecchi
tempi.
Se non fosse che sappiamo bene da dove vengono questi musicisti, potremmo
tranquillamente pensare ad un disco straniero, a dimostrazione di
quanto possono fare i nostri. Un disco come questo sostenuto adeguatamente
potrebbe regalare molte soddisfazioni, anche a chi ha sempre creduto
nel rock in tricolore, che non è certo un’utopia, ascoltare
per credere. GB
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