Rock Impressions

General Stratocuster GENERAL STRATOCUSTER and the MARSHALS
General Stratocuster and the Marshals
Rock Over Records / Horus Music
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: Hard Rock
Support: CD - 2011


L’amicizia è una cosa grande, grandissima, ma può essere anche un problema, perché si rischia di non essere obiettivi con gli amici, questo rischio può essere superato solo se c’è vera amicizia e stima. Sicuramente qualcuno sa che nutro una grande stima per il cantante Jacopo Meille (Mantra, Tygers of Pan Tang), di cui mi onoro di essere amico. Questo preambolo mi sembrava doveroso per allontanare qualsiasi ombra sulla recensine che mi accingo a scrivere e introdurre la sua ultima fatica discografica: i General Stratocuster, nome tanto suggestivo quanto simpatico.

Al fianco di Jacopo troviamo Fabio Fabbri (noto session man) alle chitarre, Richard Ursillo (Campo di Marte, Sensation Fix) al basso e Nuto (Bandabardò), in altre parole un classico “supergruppo” partorito dall’impulso creativo di Fabio in una delle tante serate fra amici, con il desiderio di fare musica nostalgica, da qui il nome della band, che ovviamente rimanda alla famigerata chitarra Fender.

Il disco inizia col rumore della puntina che scende sul disco di vinile, un’emozione che i giovani d’oggi forse non conoscono quasi più, almeno quelli che non hanno in famiglia qualche genitore che ancora conserva e ascolta i vecchi vinili, ma che a me, che comincio ad essere un po’ “stagionato”, ha suscitato una gran bella emozione. Il primo brano “Gifts and Gold” parte con una batteria asciutta e un riff di chitarra assassino, ma come parte la voce di Jack i brividi scorrono copiosi, Meille sembra cantare con un’intensità che non ricordavo e mi ha riportato con la mente al migliore Plant (non dimentico che Jack canta in un tributo agli Zep, i Norge). Non male anche la successiva “Sweet Candy”, che presenta delle sonorità tutt’altro che prevedibili, la nostalgia stà solo nel come è impostato il modo di approcciarsi al pezzo, in cerete sonorità, ma la vena compositiva è fresca, un blues tutto da godere. “Highway” è una ballata dal sapore vagamente psichedelico, che cresce di intensità, allo stesso modo la più prevedibile e romantica, ma piena di gusto e comunque molto rock, “Today and Tomorrow”. “Last Stop Anywhere” sconfina nel prog, mentre l’assolo di chitarra mi ha ricordato molto quelli di Buck Dharma dei mitici BOC.

Il lato “B” si apre come quello precedente e strappa un altro sorriso. “Little Miss Sunshine” è un’altra ballata, che presenta un’altra interpretazione magistrale di Meille, ma è bella anche la confezione sonora, che ha sicuramente spinto il nostro singer a dare il meglio di sé. L’energia torna a scorrere decisa con “All Because of You” e il gruppo rocka che è un piacere, con un riff che mi ha ricordato gli Who più travolgenti. “Flesh and Blood” è ancora una prova di carattere, un pezzo costruito su un giro tanto semplice quanto azzeccato. “Good Ol’ Time Blues” non ha bisogno di grandi commenti, mantiene quello che promette, sa di whiskey e stanze piene di fumo. Molto azzeccata la cover di “Fortunate Son” degli indimenticabili CCR. Molto intimista il giro acustico che apre la finale “Who’s to Blame”, una canzone piena di nostalgia, che ci ridona la magia dei “lenti”. Dopo una lunga pausa parte uno stacco molto divertente, che non vi voglio anticipare e che introduce una canzone “segreta”.

Per me questo è un gran bel disco, di quelli che si fanno ascoltare e riascoltare senza mai stancarci, mi fa davvero piacere recensirlo e spero che questo progetto, nato un po’ per caso, possa regalarci ancora altri momenti così emozionanti. Bravi! GB

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