| Marty 
            da anni è considerato uno dei massimi esponenti della sei corde, 
            questo credo non sia un mistero per nessuno, e Loudspeaker l’ennesimo 
            prodotto che mette in bella evidenza le strabilianti doti dell’axe 
            man di turno. Non pago il nostro ha chiamato al suo fianco una vera 
            parata di stelle: il bassista Billy Sheehan, i chitarristi Steve Vai 
            e John Petrucci e il tastierista Jens Johanssen, più una manciata 
            di artisti giapponese che a me sono meno noti.
 Si inizia con la tiratissima “Elixir”, veramente molto 
            metal, un brano che non attira di certo le mie simpatie, ad un primo 
            ascolto è troppo caotico e aggressivo, ma Marty lo suona con 
            grande tecnica. “Street Demon” è il rifacimento 
            metal di un altro brano, quasi punk e meno straripante del pezzo precedente, 
            ma siamo sempre in territori molto duri, alcuni passaggi però 
            sono gustosi. Sempre su territori metal si aggira anche la dura “Black 
            Orchid” dove compare anche il buon Petrucci , sono scintille 
            di metallo fuso, i due insieme fanno macelli. Si prosegue correndo 
            anche con “Paradise Express”, Sheehan da un bel contributo, 
            ma le emozioni non mancano. Si pesta di brutto anche nella quinta 
            traccia dal titolo in giapponese, ma finalmente arriva anche un po’ 
            di melodia. Un ulteriore ammorbidimento si ha in “Glycerine 
            Flesh” e qui tutto il talento di Friedman emerge con prepotenza, 
            molto belli i duetti con le tastiere di Jens, il giudizio negativo 
            iniziale inizia a cambiare radicalmente. “Stigmata Addiction” 
            ci fa ripiombare nei meandri di un metal sofferto e nervoso, ma a 
            questo punto è più accettabile, grande riffing, che 
            non avrebbe sfigurato nel repertorio di Iommi. Ancora metal lucente 
            nella breve “Viper”, con Friedman che su un impianto collaudato 
            prova nuovi solos. Non aggiunge molto “Static Rain”, molto 
            meglio la ballad “Coloreas Mi Vida”, finalmente cantata 
            da Geri Soriano, che ci mostra un Marty ispirato e comunicatore di 
            buone sensazioni. Gran finale con il lento straziato di “Devil 
            Take Tomorrow”, romanticismo e malinconia sono sublimati da 
            un chitarrismo davvero originale e interessante.
 
 Inizialmente volevo stroncare questo disco, ma poi, ascoltandolo fino 
            in fondo, mi sono reso conto che mi era piaciuto molto. Friedman si 
            conferma per quel talento che è e ascoltarlo è un vero 
            piacere. GB
 
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