Rock Impressions

Marty Friedman - Loudspeaker MARTY FRIEDMAN - Loudspeaker
Mascot Records
Distribuzione italiana: Edel
Genere: Virtuoso
Support: CD - 2006

Marty da anni è considerato uno dei massimi esponenti della sei corde, questo credo non sia un mistero per nessuno, e Loudspeaker l’ennesimo prodotto che mette in bella evidenza le strabilianti doti dell’axe man di turno. Non pago il nostro ha chiamato al suo fianco una vera parata di stelle: il bassista Billy Sheehan, i chitarristi Steve Vai e John Petrucci e il tastierista Jens Johanssen, più una manciata di artisti giapponese che a me sono meno noti.

Si inizia con la tiratissima “Elixir”, veramente molto metal, un brano che non attira di certo le mie simpatie, ad un primo ascolto è troppo caotico e aggressivo, ma Marty lo suona con grande tecnica. “Street Demon” è il rifacimento metal di un altro brano, quasi punk e meno straripante del pezzo precedente, ma siamo sempre in territori molto duri, alcuni passaggi però sono gustosi. Sempre su territori metal si aggira anche la dura “Black Orchid” dove compare anche il buon Petrucci , sono scintille di metallo fuso, i due insieme fanno macelli. Si prosegue correndo anche con “Paradise Express”, Sheehan da un bel contributo, ma le emozioni non mancano. Si pesta di brutto anche nella quinta traccia dal titolo in giapponese, ma finalmente arriva anche un po’ di melodia. Un ulteriore ammorbidimento si ha in “Glycerine Flesh” e qui tutto il talento di Friedman emerge con prepotenza, molto belli i duetti con le tastiere di Jens, il giudizio negativo iniziale inizia a cambiare radicalmente. “Stigmata Addiction” ci fa ripiombare nei meandri di un metal sofferto e nervoso, ma a questo punto è più accettabile, grande riffing, che non avrebbe sfigurato nel repertorio di Iommi. Ancora metal lucente nella breve “Viper”, con Friedman che su un impianto collaudato prova nuovi solos. Non aggiunge molto “Static Rain”, molto meglio la ballad “Coloreas Mi Vida”, finalmente cantata da Geri Soriano, che ci mostra un Marty ispirato e comunicatore di buone sensazioni. Gran finale con il lento straziato di “Devil Take Tomorrow”, romanticismo e malinconia sono sublimati da un chitarrismo davvero originale e interessante.

Inizialmente volevo stroncare questo disco, ma poi, ascoltandolo fino in fondo, mi sono reso conto che mi era piaciuto molto. Friedman si conferma per quel talento che è e ascoltarlo è un vero piacere. GB

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