| Il primo album di questa band toscana ci aveva fatto una buona impressione, 
            se non altro per l’originalità del loro sound, che pur 
            essendo radicato negli anni ’70, cercava comunque una via personale, 
            ad un anno di distanza ecco che è uscito il secondo lavoro 
            e alcune cose sono cambiate, il cantato è passato dall’inglese 
            all’italiano e il songwriting si è fatto più maturo, 
            le influenze progressive sono più marcate, il risultato è 
            un sound in bilico tra Black Sabbath e le Orme, ancora più 
            personale e intrigante. Il tutto è condito da un artwork molto 
            esoterico, frutto delle visioni del leader della band Carlo Castellani.
 
 Il disco si apre con il suono di un organo, distante, solenne, spettrale 
            come un fantasma di un passato che non vuole morire… poi inizia 
            uno strumentale sospeso nel tempo che pian piano si trasforma in un 
            crescendo abbastanza epico, ma il carattere vero della band emerge 
            nella successiva “Il Re e la Quercia”, il riff di chitarra 
            è molto sabbatiano, ma la struttura è decisamente prog, 
            questo lato è anche irrobustito dall’organo e dalle ritmiche 
            complesse. “Figlio di Cagna” è il brano che mi 
            piace meno, lo trovo piuttosto confuso nelle linee melodiche, alcuni 
            spunti non sono male, ma poi si perdono in un caotico mix di troppe 
            idee sovrapposte, a mio parere delle linee più semplici sarebbero 
            state più efficaci. “Calendimaggio” ricorda molto 
            i primissimi Black Sabbath, con l’omonima track, anche troppo, 
            comunque sono bravi i Focus a ricreare certe atmosfere dannatamente 
            dark. “Un Profeta dal Cosmo” sembra un po’ la summa 
            di quanto la band è capace. Interessante anche “Era Autunno”, 
            che si stacca dal repertorio precedente aggiungendo forti tinte psichedeliche, 
            pur senza allontanarsi troppo. Chiude la suite “Vinsanto”, 
            che recupera certi elementi epici del primo album e suggella un lavoro 
            piuttosto ben strutturato.
 
 I Focus Indulgens con questo disco hanno dimostrato di essere una 
            band capace di evolvere il proprio cammino artistico, certo la loro 
            proposta non è aperta al grande pubblico, ma gli amanti del 
            dark prog e del doom sapranno fare tesoro di questo disco decisamente 
            fuori dal coro. GB
 
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