| I Focus sono una di quelle band che hanno segnato la storia del rock, 
            pur restando per lo più sconosciuti. Ovviamente questa mi affermazione 
            potrebbe suscitare qualche malumore, perché tra gli appassionati 
            questo nome è noto, però sono anche convinto che siamo 
            davvero in pochi a ricordarci di loro. Comunque mi piace ricordare 
            che negli anni settanta, con Jan Akkerman alla chitarra, hanno scalato 
            le classifiche europee e americane. Oggi del nucleo originale sono 
            rimasti solo il tastierista Thijs Van Leer e il batterista Pierre 
            Van Der Linden.
 
 Questo disco è stato realizzato dopo la reunion che ha portato 
            alla pubblicazione di Focus 8. Durante il tour in Sud America hanno 
            fatto amicizia con diversi musicisti locali coi quali è nata 
            una proficua collaborazione che ha portato alla realizzazione del 
            presente album. In particolare il bassista Arthur Maia, Marcio Bahia 
            alla batteria e Mario Seve al flauto. Il prodotto è un mix 
            di influenze che comprendono prog rock, jazz, fusion, world music 
            e altro ancora, tutto nello spirito dell’improvvisazione e della 
            sperimentazione. Ecco allora queste sette composizioni che spaziano 
            tra i generi sopra elencati con una fluidità inaudita e spesso 
            sorprendente. Possiamo trovare stacchi free jazz, che si alternano 
            a partiture dal gusto neo classico, a momenti di pura gioia musicale, 
            fatti di ritmiche latine e armonie solari. A dirla così sembra 
            quasi disorientante, ma provate ad immaginare un mix di Jethro Tull, 
            Weather Report, musica brasiliana e altro ancora, ma tutto molto fluido 
            e coerente, con pezzi che funzionano e si lasciano ascoltare con grande 
            piacere. A tutto questo, che è già molto, bisogna associare 
            delle prestazioni ad altissimo tasso tecnico, duetti basso batteria 
            da infarto, Van Leer è un polistrumentista estremamente raffinato, 
            ma tutti andrebbero ricordati.
 
 Potremmo chiamarlo latin prog, ma non credo che servano delle etichette. 
            Grande musica suonata da grandi musicisti, che si divertono ad abbattere 
            barriere e confini. Ampliate i vostri orizzonti con questo disco decisamente 
            bello. GB
 
 Altre recensioni: 8
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