| La prima parola che mi è venuta in mente per definire questo 
            disco è "divertente", poi ho pensato: cavoli se lo 
            scrivo poi i lettori penseranno che si tratti di un disco moscio e 
            privo di spessore, una fetecchia, qualcosa di trascurabile, tuttaltro!
 
 Io, però, sono rimasto della mia idea e voglio spiegare perché. 
            Spesso la musica prog ha il pesante difetto di essere noiosa, molto 
            bella, ricca di passaggi mozzafiato, con pezzi di virtuosismo disumani, 
            ma noiosa, di una noia mortale, al punto da far addormentare. I Focus, 
            orfani di Akkerman, sfornano un disco sorprendente, che riesce a coniugare 
            bellezza, tecnica e divertimento come è nella loro decennale 
            tradizione.
 
 I brani sono intrisi di un sano e contagioso ottimismo. Non ci sono 
            momenti banali o privi di tensione, è solo buona musica che 
            riesce anche nel difficile compito di rendere vivace un genere votato 
            alla serietà. "Tamara's Move" è la sintesi 
            perfetta di questi concetti, con il flauto che duetta con le chitarre. 
            Di certo mi immagino le facce di certi puristi di fronte a un brano 
            come "Fretless Love", con un giro di tastiere che ricorda 
            la sigla di Ghostbuster, e un flauto molto ispirto che aggiusta il 
            tiro. Come resistere al riff di "Hurkey Turkey", rallentato 
            e appesantito potrebbe essere un pezzo dei Black Sabbath, ma il ritmo 
            sudamericano ricorda di più Santana. Non da meno è "De 
            Ti O De Mi", con una parte iniziale lenta e sofferta che poi 
            si rasserena e diventa di una delicatezza squisita, con assolo di 
            chitarra bellissimo. Il brano che da il titolo al disco è uno 
            dei pezzi più seri, seguito da una track di pari intensità, 
            mentre con "Neurotika" si torna a divagare proponendo una 
            fusion latinoamericana su basi hardeggianti. "Brother" fa 
            pensare alle colonne sonore di certi film sentimentali francesi degli 
            anni settanta e getta un po' di malinconia su un album di tuttaltro 
            tenore, stesso discorso per il brano successivo, solo un po' meno 
            triste. In chiusura una folleggiante "Flower Shower".
 
 Non è un capolavoro, ma se vi farete trasportare dall'energia 
            positiva di questo disco sarete un po' più felici. GB
 
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