Rock Impressions
 

INTERVISTA A DINO FIORENZA
di Giancarlo Bolther

Com'è nato It’s Important (tempi di registrazione, difficoltà, scelta stilistica)?
Beh, la nascita di “It's important” è scaturita dall'esigenza di dire qualcosa musicalmente parlando, che credo sia la cosa che ogni artista dovrebbe prima o poi fare. Mi è stato chiesto più volte di realizzare un disco, ma non l'avevo mai fatto prima d'ora, avrei potuto, ma semplicemente non avevo nulla da dire, adesso credo di poter dire la mia e l'ho fatto.
I tempi di registrazioni sono stati lunghi, un parto di quasi cinque anni, ma sono stato vittima dei tempi tecnici, sai registrando il disco con musicisti sparsi in mezzo mondo, capirai che l'impresa è stata più che ardua. Per quanto riguarda la scelta stilistica, non ho mai pensato che impronta dare alle songs, ho solo scritto musica e continuo a farlo.

Al tuo disco hanno collaborato dei musicisti molto importanti, come sono nate queste collaborazioni?
Ho un intensa attività come musicista e mi capita spesso di suonare all'estero o per bass clinics o come turnista in svariati tours e tutti i musicisti che hanno collaborato nel disco, non sono altro che artisti con i quali ho collaborato in precedenza e che poi sono diventati amici, ho semplicemente chiesto loro di partecipare e loro lo hanno fatto di buon grado.

Un tuo commento ai singoli brani dell'album...
Tap that bass, un viaggio astrale, rappresenta me stesso, il tapping;
Devil Go, il brano più progressivo del disco;
Liquid, nato dal riff iniziale è un continuo turbinio di violenza a quattro corde, mi piace pensare ad un trattore inarrestabile;
Say go, la song neoclassica, un brano che proviene dal mio amore per la musica classica;
Little toy, che dire, la ballad di rito;
The devil and the holy water, la parte ironica del disco;
Seven, è il settimo brano che ho composto, la partitura è composta da sette pagine, è il settimo brano del disco....
Mr. Vester, Il mio basso;
All is lost, Il brano che lascia intendere tutto e nulla;
Serenity funky, un tocco di 70's
Slap machine, credo che il titolo dica tutto.

Che significato ha fare un disco solista per un bassista in Italia?
Impegnativo, estremamente impegnativo e sicuramente una sfida, ma a me piacciono le sfide e poi del resto sono italiano.

Hai avuto delle difficoltà per trovare un’etichetta che stampasse il tuo album?
No! Mi sono subito rivolto alla Fog!

Perché hai scelto un’etichetta italiana e non una straniera specializzata in virtuosi come ad esempio la Favoured Nations, non ti avrebbe dato una maggiore visibilità?
Non la penso così, ho avuto molte proposte da queste etichette blasonate, ma ti dico sinceramente che ho rifiutato, in realtà la visibilità non credo sia cosi alta, conosco tanta gente che ha firmato contratti con le suddette etichette, ma poi sto disco dove sta? Se nel frattempo che pubblicano il tuo disco, ne hanno, secondo loro, uno più interessante, il tuo è inevitabilmente adagiato nel bagagliaio del dimenticatoio. Oggi è da pazzi pensare di vendere dischi, ciò che conta è la visibilità, per cui è bene affidare il tuo prodotto a etichette come la Fog, che fa di tutto affinchè questo accada, potrei farti centinaia di nomi di artisti italiani e non che sono usciti con lion, favored ecc. ma non ho mai visto un loro disco, a parte qualche sporadica recensione.

Ci puoi parlare del tuo rapporto con lo strumento, cosa significa per te suonare il basso, che emozioni ti da?
Il basso? Il mio basso? Semplice, la mia vita!!!!

Quali sono secondo te i dieci dischi più importanti per l’evoluzione del suono del basso?
1) Thonk – Michael Manring;
2) King of sleep – Stu Hamm;
3) Funk me tender – Randy Coven;
4) Jaco – Jaco Pastorius;
5) Earth of bass – John Patitucci;
6) Show of my hand – Victor Wooten;
7) Mr. Big – Mr. Big;
8) M2 – Marcus Miller;
9) Children of forever – Stanley Clarke;
10) Mi auguro sia il mio....

Cos’è stato a farti scegliere di suonare il basso? Hai provato anche altri strumenti prima o sei partito subito dal basso?
No, ho sempre suonato solo il basso, tutto ebbe inizi quando nel lontano 1990 mio cugino mi regalò MADE IN JAPAN dei Deep Purple, mi ricordo che, sbagliando, misi il disco dall'altro lato, e come prima song c'era Smoke on the water, l'ingresso del basso mi folgorò, una sensazione profonda e violenta dentro di me, avevo deciso, dovevo suonare il basso! Debbo tutto ai Deep Purple, che come potrai immaginare sono la mia band del cuore. Chissà, se non avessi sbagliato lato....

Chi è Dino Fiorenza nella vita di tutti i giorni?
Un musicista a 360 gradi, un didatta, un turnista, un session man, ma soprattutto una persona che vive di emozioni...

Ci sono degli artisti in particolare con cui ti piacerebbe lavorare se fosse possibile?
Si, il prossimo...

Ci sono tanti bravi chitarristi, mentre è più difficle trovare bravi bassisti, nonostante il basso regali grandi emozioni sia in chi lo suona che in chi ascolta, perché secondo te?
Perchè solitamente, se non si ha una spiccata sensibilità, gli strumenti che colpiscono di più, sono sempre quelli che, apparentemente, sono in primo piano, cioè la chitarra, o la batteria, il lavoro del basso è un lavoro sporco, perchè se fatto bene, non si sente. Ma oggi anche il basso è una prima donna!

Conosci qualche giovane bassista italiano che secondo te sta crescendo bene?
Guarda ce ne sono tanti, ma siamo sempre là, bisogna avere qualcosa da dire....

Che progetti hai per il prossimo futuro?
Sto lavorando ad altri due metodi per basso e il secondo dvd didattico, saranno editi per la carish.


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