| .Ho avuto il piacere di conoscere, musicalmente parlando, Mario Cottarelli 
            nel 2007 con “Prodigiosa Macchina”, un disco nel quale 
            l’artista polistrumentista di Cremona mette anima e cuore nella 
            musica Progressive Rock italiana in stile anni ’70. Passaggi 
            classici si fondono ad idee fantasiose che appartengono al bagaglio 
            artistico di band quali Goblin o Gentle Giant, solo per fare due nomi.
 “Prodigiosa Macchina” era composta da tre lunghe suite, 
            mentre “Una Strana Commedia” da cinque brani di media 
            lunga durata, questa è la prima differenza che salta all’orecchio. 
            La seconda è il miglioramento delle linee vocali, anche se 
            di poco, più profonde ed impegnate.
 Apre la title track con i dieci minuti alternati fra filastrocche 
            sonore in stile Gentle Giant e del Prog italiano di antico stampo. 
            Interessante lo strumentale centrale, dove le tastiere riempiono il 
            suono in ogni posto, con deja vu delle mitiche Orme.
 Cottarelli ha compreso l’importanza della linea melodica nel 
            Prog, ossia non si perde in logorroiche fughe fine a se stesse, bensì 
            si incanala nel binario della semplice melodia di facile memorizzazione. 
            Soltanto la metrica lirica si incastra difficoltosamente nel tappeto 
            delle sonorità proposte. Bello, profondo ed onirico l’inizio 
            de “L’Occhio Del Ciclone”, un susseguirsi di tastiere 
            che faranno scorrere brividi sulla pelle degli amanti del genere più 
            classico. Più curata l’esecuzione vocale con coralità 
            sopraincise annesse.
 Ampi spazi sonori si aprono avanti alla nostra fantasia, la quale 
            si adegua con estrema semplicità grazie soprattutto alle indovinate 
            melodie.
 Lo stile di Cottarelli è lineare, segue una logica strutturale 
            ben precisa, con poche variabili, ma in “Corto Circuito” 
            c’è un approccio al ritornello ed al refrain differente, 
            più canzone ed in crescendo per poi sfociare nell’assolo 
            strumentale centrale davvero intrigante e magniloquente.
 “Bianca Scia” ritorna al passato, come oramai l’artista 
            ci ha saputo condurre negli ascolti. Un viaggio sonoro ancora una 
            volta enfatico e classicheggiante. Le parti strumentali sono sempre 
            importanti e ben arrangiate, questo va sottolineato.
 Chiude la mini suite di dodici minuti “L’Orgoglio Di Arlecchino”, 
            vero sunto della personalità di questo artista, una perla Prog 
            strumentale che starebbe bene anche incastonata nella discografia 
            delle Orme.Il brano migliore dell’album.
 Cottarelli è cresciuto rispetto al disco precedente, più 
            sicuro di se e con mezzi migliori, così sembrerebbe all’ascolto.
 Ancora una volta l’unico neo è il cantato (e a chi non 
            piace la batteria campionata) anche se è migliorato rispetto 
            al 2007.
 Un disco consigliato a tutti gli amanti sia del Prog italiano che 
            delle tastiere in generale, dall’organo al Mellotron fino ad 
            arrivare ai giorni nostri. MS
 
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