| Joseph Smalkowski, in arte Copernicus, è un poeta che da metà 
            anni ottanta porta le sue liriche visionarie sui palchi del mondo 
            accompagnato da vari musicisti. Provate ad immaginare una specie di 
            predicatore un po’ folle che vi investe con una declamatoria 
            allucinata, mentre alle sue spalle un gruppo di ben tredici musicisti 
            improvvisa del free jazz o se preferite dell’avant jazz, l’effetto 
            è assicurato, dirompente, ma che potrebbe anche far sorridere 
            molti di voi.
 
 I testi quindi rivestono una grandissima importanza, sono il fulcro 
            imprescindibile dell’arte di Copernicus. Disappearance parla 
            dello scientismo, la nuova religione che molti vorrebbero sostituire 
            a quelle tradizionali. Una concezione figlia dell’Illuminismo, 
            ma non è chiaro se Copernicus ne sia un fautore o un detrattore, 
            perché il primo brano “12 Subatomic Particles” 
            recita che in duemila anni di ricerche scientifiche (il numero degli 
            anni è emblematico) tutto l’universo e la creazione possono 
            essere spiegati da dodici particelle subatomiche e quattro forze che 
            le governano, la nuova “cattedrale” dell’Universo, 
            ma in finale l’artista riconduce a questa divisione subatomica 
            anche i sogni, le idee, le sensazioni, i sentimenti, che ovviamente 
            non hanno “sostanza” e chiede ironicamente al padre “How 
            many tau neutrinos do you have in your eyes?” una domanda che 
            sembra far crollare tutto il castello di scoperte scientifiche, perché 
            grazie al cielo ci sono cose che la scienza non riesce ancora a spiegare 
            e che presumibilmente non spiegherà mai. Intanto i musicisti 
            improvvisano in piena libertà espressiva e il risultato è 
            anche piuttosto interessante, non temete, non si tratta di accozzaglie 
            di suoni, anche se non ci sono sempre melodie facilmente riconoscibili, 
            ma il recitato delirante di Copernicus sembra calarsi perfettamente 
            nell’accompagnamento e viceversa.
 
 Certamente non è un disco facile, però ha il grande 
            pregio di essere un disco che fa pensare, che obbliga a delle riflessioni, 
            anche amare come in “The Blind Zombies” o nella seguente 
            “Humanity Created the Illusion of Itself” dove l’artista 
            dice che di fronte alla semplicità della struttura molecolare, 
            l’umanità non esiste, è solo un’autopercezione 
            del nulla, un’illusione, Dio è solo una nostra proiezione, 
            nulla esiste, parole dure. Peggio ancora in “Poor Homo Sapiens” 
            dove nel finale viene rimarcato il concetto con ancora maggior forza 
            “Nothing exists!!! Long live the Quark Gloun Plasmaaaah!”. 
            Per la cronaca “Nothing Exists” è anche il titolo 
            del primo album di Copernicus pubblicato nel 1984 e che presto verrà 
            ristampato su cd insieme agli altri tre prodotti in quegli anni. A 
            poi con ancora più forza il poeta ci chiede: “Are you 
            afraid to die?” e poi risponde a se stesso: “There is 
            no death… in this quark gloun plasma.”. In chiusura il 
            nostro invita ad una “rivoluzione”, ma ancora non è 
            chiaro se è un invito ironico verso un “nulla” 
            impersonale o una seria presa di coscienza che in fondo siamo fatti 
            di materia e siamo parte di un gigantesco universo che non tiene minimamente 
            conto delle nostre singole peculiarità, in fondo di fronte 
            all’immensità dell’universo noi piccole creature 
            cosa contiamo veramente?
 
 Di fronte alla forza delle parole la musica è solo un corollario, 
            non inutile, ma sicuramente molto meno importante, ma si tratta di 
            una scuadra di musicisti molto preparati, quindi vale la pena anche 
            ascoltare il cd solo per i contenuti musicali, ma è molto difficile 
            scindere le due cose.
 
 Copernicus è un profeta apocalittico e anche se non è 
            chiara la sua posizione, è molto esplicito il suo messaggio, 
            che potremmo riassumere in questo slogan “uomo prendi coscienza 
            di te stesso” sia che tu voglia sentirti parte dell’Universo 
            fatto di particelle inanimate, sia che tu voglia sentirti parte di 
            un’Umanità destinata a qualcosa di più, ma non 
            essere uno zombie. GB
 
 Altre recensioni: Nothing Exists; Live! 
            In Prague; Deeper
 
 Sito Web
 |