Rock Impressions
 

INTERVISTA A DONATO ZOPPO (ndGB: uno dei pochi "veri" giornalisti musicali italiani)
di Massimo Salari

Ciao Donato, innanzi tutto grazie per averci concesso questa intervista e presentati pure ai nostri lettori: Chi è Donato Zoppo e quali sono le tue attività?
Grazie a te Massimo e ai tuoi lettori. Amore, libertà e censura – Il 1971 di Lucio Battisti è il mio terzo libro “solista” dopo il libro sulla PFM nel 2006 e quello sui Lingalad nel 2008. La mia attività di scrittore va in parallelo a quella più strettamente giornalistica: mi occupo di musica per Jam, uno dei più importanti magazine rock europei, per MovimentiProg (il portale che si occupa in particolare di rock progressivo e dintorni), per BattistiNews (indovina di chi parla?) e per mensili locali come L’Idea e Totemblueart. Alla scrittura si accompagna la voce, squillante ogni lunedì, mercoledì e venerdì in Rock City Nights, il radio show che va in onda su Radio Città BN dal 2007. Infine continuo a lavorare in campo musicale come “promotore”: con mia moglie dirigo l’ufficio stampa Synpress44, che si occupa di promozione di dischi ed eventi musicali.

Bene, dopo l’interessante libro sulla PFM “1971 – 2006 35 Anni Di Rock Immaginifico” è la volta di un altro artista che in qualche modo ha cambiato la storia della musica italiana, perché proprio Lucio Battisti, cosa ha rappresentato per la tua crescita di cultore musicale?

Dopo la PFM Lucio Battisti e a ben guardare si tratta di territori vicini, anzi confinanti, e per molti motivi. In primo luogo, se la PFM è l’emblema del rock italiano (non solo di quello progressivo), Battisti è il massimo rappresentante della canzone pop: si tratta dunque di due nomi imprescindibili per comprendere certe dinamiche e certi sviluppi del nostro panorama musicale. In secondo luogo, i loro percorsi si sono intrecciati profondamente: da Acqua azzurra, acqua chiara (1969) a Elena no (marzo 1972, l’ultimo singolo battistiano per la Ricordi), per tre anni I Quelli – ovvero l’embrione della PFM: Di Cioccio, Mussida, Piazza e Premoli – sono stati i migliori musicisti di Lucio. Insieme a nomi come Radius, Dall’Aglio, Lorenzi, Baldan Bembo, i Quelli hanno offerto a Lucio un sound inconfondibile e sicuro, che lui ha saggiamente usato in album importanti come Amore e non amore. Capisci bene che già questi elementi mi fornivano più di uno stimolo per analizzare un periodo particolare della vita battistiana, quel 1971 che, guarda caso, è anche l’anno di nascita ufficiale del prog in Italia. Battisti è uno di quei nomi che possono non piacere ma che è necessario e doveroso conoscere: basta approfondire un po’ la sua figura per capire che c’è molto di più rispetto all’idea consueta del Lucio come autore di canzoni da festa o da falò. Questo è stato il principale stimolo che ha mosso la mia ricerca.

Interessante l’idea di approfondire un periodo dell’artista, diciamo quello più “Progressivo”, forse anche quello meno noto, ossia quel disco coraggioso del 1971 dal titolo “Amore Non Amore”. Guarda caso anche qui alle spalle c’è la PFM. Da dove scaturisce l’idea di approfondire questo periodo di Battisti?

Come accennavo poco fa, Amore e non amore esce nel luglio del 1971, nel periodo in cui la vecchia musica leggera italiana era al tramonto e stavano venendo fuori nomi come Orme, Delirium, Osanna, Rovescio della Medaglia, Nuova Idea, Trip, New Trolls. Insomma i protagonisti del rock progressivo italiano. A fine 1971 la PFM – dopo aver registrato con Lucio alla RCA a Roma La canzone del sole – pubblica il suo primo singolo con la celebre Impressioni di settembre, con testo di Mogol e produzione della Numero Uno di Battisti. Insomma ci sono elementi che indicano un collegamento e Amore e non amore, uno dei dischi più controversi e meno noti di Lucio, simboleggia in pieno un periodo di transizione e di grandi cambiamenti musicali. A questo aggiungi che Amore e non amore suscita tante domande: perché fu pubblicato dopo un anno dalla registrazione? Perché era un concept album? Perché quella copertina? È o non è un disco vicino allo spirito del rock progressivo? Perché il singolo Dio mio no fu censurato?

Sono stati scritti migliaia di libri su Battisti, “Amore, Libertà E Censura” cosa porta in più agli appassionati del cantautore romano?
Il titolo del libro spiega bene le coordinate sulle quali si muove. L’amore è il contenuto di questo concept album, affrontato da Mogol con uno sguardo nuovo rispetto alla donna sempre più disinibita, all’uomo sempre più smarrito, alla natura sempre più aggredita, rispetto alla quale l’uomo non porta più amore. La libertà era la grande spinta compositiva che animava Lucio: non voleva sentirsi più cantante da copertina, da Sanremo o Festivalbar, da classifica, era un musicista vero, aggiornatissimo, che voleva dare sfogo alle sue passioni per il grande rock di Led Zeppelin, Cream, Hendrix e Creedence. Censura fu il risultato del lavoro: Dio mio no non passò il vaglio della Commissione d’Ascolto della Rai e fu censurata. Il mio libro, approfondendo questi elementi, concentrandosi sul disco del ‘71 e più in generale su quell’anno, offre al lettore una valutazione inedita e nuova. Ci sono molti libri su Battisti, alcuni di questi sono ottimi e imprescindibili (penso ad eccellenti autori come Neri, Salvatore, Stefanel, Marengo, Marchetti, Rebustini) ma fatta qualche eccezione (Anima latina di Renzo Stefanel ad esempio) si tratta di opere generaliste, mentre la mia è un saggio monografico.

Secondo te, cosa è più ricordato di questo disco, il fatto che è composto da quattro brani strumentali e quattro cantati, la copertina o la musica ed i testi? Spiegaci anche il perché.
Doverosa una premessa, caro Massimo. Amore e non amore esce nel luglio del 1971, con un anno di ritardo e in un periodo in cui Lucio è pronto a sfornare il nuovo e attesissimo disco per la Numero Uno. Volendo dare una rilettura storica al disco, esso risulta schiacciato tra il clamoroso successo del 33 giri Emozioni e del 45 giri Pensieri e parole da un lato, dall’altrettanto importante boom di La canzone del sole e Umanamente uomo: il sogno dall’altro. Trattandosi anche di un album “diverso”, è passato alla storia come disco “dimenticato”, caro solo ai cultori battistiani o agli amanti del prog italiano, che qui hanno scorto un avvicinamento di Lucio all’art-rock e una prima grande prova della nascente PFM. Premesso questo, a seconda degli intervistati Amore e non amore sarà ricordato per motivi diversi: il progressive fan lo ricorda per i brani strumentali con l’orchestra e per la presenza di Di Cioccio e compagni; il collezionista lo ricorda per la copertina con la donna nuda (anche perché esiste la copertina della versione argentina con le mutande applicate sulle chiappe…); il generico amante battistiano lo ricorda per la presenza di Dio mio no e per i titoli lunghissimi di Mogol.

Se andiamo ad analizzare il 1971, ancora non è un anno in cui esplode in Italia il Prog a pieno titolo, si è vero ci sono gia artisti che tentano questa strada, come Gleemen, Nuova Idea, Le Orme solo per fare alcuni nomi, ma poco più. Quindi Battisti è stato come sempre precursore degli eventi, ma secondo te, perché poi non ha insistito più su questa strada?
Questa è una cosa piuttosto dibattuta e nel libro dedico un apposito paragrafo alla questione, cerco di fare chiarezza sintetizzando e soppesando i segnali che abbiamo. Se ascoltiamo Amore e non amore troviamo quattro canzoni rock-blues improvvisate in studio e quattro strumentali con l’orchestra, ampiamente “inventati” in studio: probabilmente è un po’ pochino per anticipare il prog, che ha sempre avuto una maggior “meditazione” compositiva, una costruzione e un contatto con la musica classica o con il jazz. Quello che rende Amore e non amore vicino, affine, “consonante” alla natura del rock progressivo, è il contesto: si tratta di un disco concettuale, nel quale ogni traccia ha la sua precisa funzione (e Lucio premette moltissimo per non smembrare il disco) e persino la copertina, così ricca di riferimenti alla Hypgnosis. Se è vero – come è vero – che nell’interpretazione di un disco conta anche la volontà del suo autore, una sorta di “mens legis”, allora dobbiamo aggiungere che Lucio non voleva un disco di immediata e facile fruizione, non voleva un disco di consumo ma un disco d’ascolto, che meritava attenzione e concentrazione. Proprio come i dischi prog che arrivavano dall’Inghilterra.
A questo aggiungiamo che la PFM in embrione era lì, pronta al grande salto, convocata da Lucio per dare quel tocco, quel sound, quella “pasta” necessaria ad un disco diverso dal solito. Lucio aveva ben poco in comune – per estrazione, storia personale e ascolti – con gruppi come Orme, Osanna e Delirium, però quel disco, concepito addirittura nella primavera del ‘70 e registrato grosso modo nello stesso periodo, anticipa un modo di fare diverso. È senza alcun dubbio un disco di grande transizione, che conferma come Lucio e Giulio Rapetti fossero molto attenti a certe novità straniere e pronti a importarle in Italia.

Ma veniamo più alla parte tecnica del libro, come ti sei strutturato per fare queste ricerche?
Beh come si fa solitamente, partendo dall’esistente, dunque documentandomi su tutto ciò che è stato scritto su Battisti, più in generale sul pop e sul rock progressivo italiano e sul biennio 1970-71 (per fortuna partivo avvantaggiato: mi vanto di avere una ricca biblioteca musicale che mi sta pian piano spingendo fuori di casa…). Trattandosi di un disco poco studiato, ho dovuto affrontare Amore e non amore ricorrendo alla memoria dei protagonisti: ho intervistato tutti coloro che hanno avuto a che fare con l’opera e questa è stata la parte più formativa, divertente e toccante, avendo a che fare non solo con gli aneddoti ma anche con emozioni per nulla sbiadite dal tempo. È stato un po’ più difficile esplorare il discorso censura poiché la famigerata Commissione d’ascolto Rai – attiva dal 1954 al 1975, anno della riforma Rai con la legge 103 - non ha mai verbalizzato nulla, inoltre era un organismo “elastico”, composto dai funzionari di volta in volta disponibili, non aveva una struttura fissa che abbia potuto lasciare tracce. Tuttavia recuperando ricordi e articoli dell’epoca mi sono fatto un quadro abbastanza verosimile di cosa possa essere successo a Dio mio no in quel luglio del’71.

C’è stato un momento in cui hai detto “Non ce la faccio”?
Mai: ci sono stati solo momenti in cui mi dicevo “fermati altrimenti non finisci più e viene fuori un libro di 2000 pagine”…

Hai qualche aneddoto particolare che ti è capitato nel concepire il libro?
Beh dovrei scrivere un altro libro per raccontarteli tutti, però posso dirti che ogni incontro ha avuto un sapore e un significato speciale. Non penso che potrò dimenticare il costante entusiasmo e la memoria storica di Franz Di Cioccio, l’emozione di Fico Piazza nel ricordare la registrazione di Emozioni o la grande simpatia dell’arzillo Valter Patergnani, deus ex machina degli studi Ricordi in Via dei Cinquecento.
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Quant’è difficile oggi la vita di un giornalista scrittore di musica soprattutto poco fruibile come il nostro underground Prog? C’è un pubblico nutrito che segue l’argomento oppure no?
Io credo che la differenza stia nel come si racconta una cosa, nel come si porge una notizia, nel come si commenta e si presenta un disco. Se chi scrive riesce ad essere sempre accattivante, semplice, immediato senza perdere la serietà e la profondità d’analisi, i suoi lettori lo seguiranno a prescindere dalla difficoltà della musica. Non credo che oggi il prog sia “poco fruibile”, gli ascoltatori sono sempre meno smaliziati e hanno tanti strumenti a disposizione per comprendere una proposta musicale e discernere quella buona da quella disonesta. Non c’è dubbio che certo prog sia poco radiofonico (ma anche qui ho qualche perplessità: facendo radio ho scoperto che il prog – a patto che non sia autoreferenziale e auto indulgente - sa essere anche avvincente per l’ascoltatore), e in ogni caso trattandosi di una musica di nicchia che si rivolge ad un mercato di nicchia, il pubblico c’è. Ristretto ma fedelissimo, forse un po’ troppo maniacale e concentrato solo su alcuni nomi o correnti, quindi poco disponibile ad ascolti diversi spiazzanti. Io mi ritengo fortunato poiché essendo questo il mio mestiere ho l’occasione di andare a cercare tanta musica e non solamente il progressivo, che seguo ma che negli ultimi anni difficilmente mi emoziona, mi coinvolge e mi strega.

Hai anche un Blog “Chi Va Con Lo Zoppo… Ascolta Buona Musica”. Come nasce l’esigenza di aprirlo?

Questo blog nacque nella primavera del 2008, avevo l’esigenza di una “bacheca” dove concentrare pensieri, attività, recensioni, idee e comunicati, ho fatto pace con il mio cognome (potrei scrivere un libro sulle battute – alcune geniali, mi tocca ammetterlo - che mi accompagnano dalle scuole elementari…) e l’ho utilizzato per il titolo. D’altronde gli adorati e fidati amici che vengono con me condividono l’amore per la musica, quale titolo migliore per questa piccola ma attiva finestra web?

Ma Donato è più giornalista, scrittore o amante della musica? Chi prevale?
Non c’è prevalenza, così come non prevale l’amore per questo o quel genere di musica. Ho sempre scritto, ho sempre ascoltato musica, senza prevalenza di una cosa sull’altra. Certo è che se non potessi più scrivere per qualsiasi motivo, continuerei ad ascoltare musica. Come scrissi tempo fa, subendo una bella fascinazione per l’ottimo Nick Hornby, “la vita è diventata la colonna sonora dei miei ascolti”…

Cosa ti aspetti da “Amore, Libertà E Censura” e cosa ti ha dato?
Spero che questo libro sia letto da coloro che hanno un’idea “istituzionale” e prevedibile di Battisti, perché scopriranno un aspetto davvero poco noto di Lucio. Questa cosa mi preme perché purtroppo di Lucio è sempre passata l’immagine dell’autore di canzoni pop, mentre lui è stato anche un grande ascoltatore e autore rock! Cosa mi ha dato? Innanzitutto l’opportunità di conoscere grandi artisti che hanno lavorato con Lucio e che poi hanno preso altre vie ma anche di lavorare per un ottimo editore come Aereostella, di cui consiglio anche altre pubblicazioni.

Ci sono passaggi che avresti voluto approfondire di più, o altri da tagliare con il senno di poi?
Massimo pensa che la prima stesura del libro era di gran lunga superiore alle 330 pagine finali (credo che lo staff di Aereostella mi abbia solennemente maledetto…) e abbiamo dovuto fare un bel lavoro di editing per alleggerire e sfoltire da tante informazioni. Credo che il risultato sia accettabile e soddisfacente: sono un discreto critico di me stesso e mi sento soddisfatto dal lavoro. L’importante è che Lucio da lassù o da laggiù non abbia da ridire: ho scritto davvero con tanto amore ed onestà.

Personalmente il libro mi è piaciuto molto perché mi ha fatto conoscere lati del cantautore che non conoscevo a dovere ed episodi a me sconosciuti, a te cosa è rimasto più impresso?
Da appassionato studioso della musica italiana, ero già a conoscenza delle dinamiche censorie ma “mettendo le mani nel motore” ho scoperto qualcosa in più su modi e tempi della censura: non siamo vissuti in una teocrazia ma poco ci è mancato… Al di là di questo, mi è rimasto impresso scoprire quanto Battisti fosse determinato nella sua attività di autore, musicista, produttore e persino uomo di studio: nel libro l’ho accostato, mutatis mutandis ovviamente, alla figura di Frank Zappa, poiché entrambi hanno cercato e ottenuto il massimo controllo sulla propria attività musicale.

A quale brano contenuto in “Amore E Non Amore” sei più legato e perché?

Sono molto legato a Seduto sotto un platano con una margherita in bocca guardando il fiume nero macchiato dalla schiuma bianca dei detersivi: fu il primo che ascoltai e ancora oggi è l’unico che continua ad emozionarmi profondamente ad ogni ascolto. E poi la botta adrenalinica di Dio mio no: quando Lucio chiama per ben cinque volte Baldan e parte l’assolone di Hammond, quello è uno dei momenti più belli del rock italiano!

Progetti futuri? Cosa stai per fare di nuovo?
Per ora mi sto godendo i buoni responsi del nuovo libro, tra un paio di settimane finirà l’edizione 2010/2011 di Rock City Nights e mi dedicherò ad un po’ di cose rimaste in sospeso, anche se ho già tantissime nuove idee in mente, alcune molto ambiziose, altre più alla mia portata. Mi piace segnalare che sono entrato nella squadra di Oschi Loschi, un progetto di narratori sanniti che raccoglie racconti e pubblicherà un secondo volume dopo il successo del primo. Ho scritto un raccontino gustoso, leggerete presto…

Grazie di questa chiacchierata, un saluto ai nostri lettori ed un ultima cosa, quale domanda avresti voluto che ti facessi?
Dato che non mi hai chiesto cosa sto ascoltando ultimamente lo faccio io. Stanno stazionando in modo più o meno permanente nello stereo Toumastin dei Tamikrest, Mighty Rearranger di Robert Plant & The Strange Sensation, Helplessness Blues dei Fleet Foxes, A Scarcity Of Miracles di Fripp, Collins & Jakszyk, Milano Original Soundtrack dei No Guru, la ristampa deluxe di Felona e Sorona delle Orme, Mountains Of Madness dei Doomraiser, non vedo l’ora di gustarmi il nuovo di Vieux Farka Tourè e dopo l’intervista vado a esplorare il nuovo degli Explosions In The Sky. E se mi date una mano facciamo una petizione per un concerto di Joan Armatrading in Italia: non è possibile che la signora suoni ovunque tranne che da noi!

Parole sacrosante, caro Donato! Ci risentiamo presto. MS

Recensioni: Amore, Libertà e Censura


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