A due anni di distanza dall’ottimo “Films”, titolo
del precedente album, torna il progetto del chitarrista Sasha Markovic
con una formazione di ospiti decisamente rinnovata. La flautista Lori
Reddy è presente solo in due tracce alla fine del disco, mentre
in tutti i brani troviamo la pianista Kana Kamitsubo. Altri ospiti
di rilievo sono il chitarrista Dewa Budjana, la violinista Wen Chang,
il batterista Marko Djordjevic e molti altri, per un sound corposo
anche se acustico.
Il primo brano proposto è la malinconica “North”,
una musica che dei paesaggi nordici ha il senso di infinito, di una
bellezza talvolta un po’ fredda, ma anche sconfinata. “Dark”
era già presente sul disco precedente, il riarrangiamento con
piano non toglie nulla alla forza evocativa del pezzo, che mi colpisce
oggi come ieri, con forza e passione, ottimo il crescendo finale.
Molto intensa anche “Heiwa”, pregna di una malinconia
penetrante, la chitarra di Sasha e il pianoforte di Kana fanno venire
la pelle d’oca. “Blossom” rispetto ai brani precedenti
è più jazzata e meno rock, non a caso è qui che
troviamo Budjana. “Mio” invece nella prima parte chitarristica
si rifà a sonorità vicine al flamenco, mentre nella
seconda col pianoforte sembra quasi una ballata neoclassica. Anche
in questo disco troviamo due cover, ovviamente non c’è
più la sorpresa per la scelta, ma si tratta sempre di qualcosa
di abbastanza inatteso: “Wishing Well” dei Free, il brano
di apertura di quel capolavoro di Heartbreaker, certo fa un certo
effetto questa versione acustica con chitarra, pianoforte e violino,
ma che bella. La seconda è nientemeno che “Burn”,
il classico dei Deep Purple, certo anche in questo caso si resta di
stucco, che ritmo poi, è proprio vero che quando un pezzo funziona
bene in acustico è proprio un gran pezzo, non che ci servisse
la conferma, però è bello lo stesso dirselo. Con “Sound
of M” si torna al repertorio proprio di Markovic, musica emozionale,
che in questo caso viene scaldata dall’armonica del grande Jackson
Kincheloe, purtroppo la sua band, i Sister Sparrow & the Dirty
Birds, è ancora poco conosciuta nel nostro paese. Molto folk
la breve “Z-Parrow”, seguita dalla title track, una piece
dalla bellezza commovente, certo bisogna permettere alle note di fare
spazio nella nostra anima, e se non siete dei sassi… Ma ecco
che uno dei momenti che mi piacciono di più arriva quasi in
chiusura, “Omniprism” è splendida, con degli intrecci
fra chitarra e piano da levare la carne dall’osso. Buono anche
il finale con la strana “Ovasumi”.
Tanto mi era piaciuto il disco precedente, tanto mi è piaciuto
il nuovo, Sasha Markovic è un musicista eccezionale e ce lo
sta confermando. GB
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