Questa formazione è nata come uno dei primi supergruppi del
metal nella prima metà degli anni ’80, vi hanno militato
una serie impressionante di nomi della scena hard ‘n’
heavy, unico elemento di continuità è stato il bassista
Pete Way, da cui la formazione ha preso il nome, ma ritroviamo anche
il singer Fin. La formula del gruppo non è cambiata ed è
rimasta ancorata ad un metal molto ottantiano venato di blues, ottimo
per la voce roca fra Rod Steward e David Lee Roth di Fin.
Tempi semplici e diretti, il famoso quattro quarti, e riffs di chitarra
taglienti al punto giusto, senza stravolgimenti. In fondo è
una formula fin troppo facile per questi pionieri del metal, ma non
so quanto possa attrarre le nuove generazioni, piuttosto farà
la gioia di tutti i vecchi nostalgici della NWOBHM.
Le undici canzoni presenti nel cd scorrono senza infamia e senza lode,
hanno un sound diretto e preciso, ma davvero datato. Il guaio è
che i pezzi sono mediamente belli, funzionano con apici come la blueseggiante
“Out of Control” o la ballad elettrica con crescendo “Song
For Steve”, ma anche negli episodi più anthemici il tutto
funziona a dovere.
In sostanza The Harsh Reality è un buon disco, onesto, ma concettualmente
vecchio, se amate il sound degli anni ottanta dategli un ascolto,
magari vi piace, io ho passato un’oretta piacevole, niente più.
GB
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