Questa giovane band parmense è nata nel 2008 e tra le mani 
            abbiamo il loro secondo full lenght. Il gruppo si è formato 
            su impulso del cantante e tastierista Emanuele Tarasconi e della chitarrista 
            Francesca Zanetta, dopo diversi cambi la sezione ritmica sembra essersi 
            stabilizzata con Dario Pessina al basso e Federico Bedostri alla batteria. 
            Il precedente album ha ottenuto ottimi consensi dalla critica e dagli 
            appassionati, il che ha permesso alla band di esibirsi su importanti 
            palchi sia nazionali che stranieri, tra l’altro hanno collaborato 
            anche con Fabio Zuffanti, un nome molto conosciuto tra i cultori del 
            prog. 
             
            Il disco si apre con “Overture: Obscure Fio”, un brano 
            strumentale, l’unico, in pieno prog styl. Le caratteristiche 
            della band, che è dedita ad un prog a tinte gotiche, sono rispettate 
            e le aperture sinfoniche si contaminano di pennellate fosche e maledettamente 
            romantiche, in questo senso mi ricordano la drammaticità dei 
            VDGG, una delle band più oscure del prog di sempre. Molto convincente 
            l’amalgama dei quattro musicisti. “Oniromanzia” 
            è più lento e riflessivo, l’attenzione va alla 
            voce di Emanuele e al testo, la voce è molto particolare e 
            selettiva, può non piacere, ma io la trovo personale e intrigante, 
            il testo è complesso e gioca a mescolare elementi religiosi 
            e profani, come in un puzzle non sempre leggibile, anche questo contribuisce 
            a dare spessore alla proposta. Le parti strumentali sono molto oniriche, 
            il dominio è delle tastiere e bisogna riconoscere a Tarasconi 
            di avere delle ottime intuizioni, la chitarra di Francesca sembra 
            soffrire un po’ del dominio del leader (che è anche compositore 
            di musiche e testi), in realtà è un elemento essenziale 
            del sound della band. Ottimo il crescendo finale. A proposito di oscurità, 
            se vi fossero dubbi basta ascoltare i suoni di apertura di “Caligari”, 
            che sembrano uscire da un paesaggio nebbioso, in cui aleggia lo spettro 
            dei Goblin. Anche in questo caso mi piace sia il testo che il cantato, 
            che trovo originale. Un intermezzo jazzato dà una prova ulteriore 
            della preparazione dei nostri. Altro ottimo brano è “La 
            Meccanica dell’Ombra”, pieno di cambi d’atmosfera 
            e con un sempre ottimo senso drammatico. Con una buona continuità 
            di stile si arriva a “Il Nome di Lei” e per la prima volta 
            si apprezza pienamente il contributo chitarristico di Francesca, vagamente 
            pinkfloydiana. “Lo Schermo di Pietra” ha una bella struttura, 
            inizialmente molto ruvida e forte, quasi alla Deep Purple, poi si 
            trasforma in un prog più classico e più prevedibile, 
            avrei preferito se avessero continuato con una evoluzione del piglio 
            iniziale, anche se il brano è complesso e offre ancora molti 
            spunti, fortunatamente si riprende il vigore verso la metà. 
            Chiude la suite “Ex Tenebrae Lux”, che per la sua complessità 
            trovo riduttivo descriverla in poche righe, è una piece tutta 
            da assaporare, dove la band mette in gioco efficacemente la propria 
            abilità. 
             
            Gli Unreal City, nonostante la giovane età, si stanno dimostrando 
            capaci di suscitare emozioni forti con un prog di ottima fattura, 
            che col tempo può solo migliorare. GB 
             
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