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            Musica d'impatto propongono gli Underdogs, che nella classicissima 
            formula del power-trio sublimano un'attitudine sporca e cattiva, ove 
            la furia heavy viene sapientemente diluita da abbondanti dosi di psichedelia 
            deviata e deviante. Quanto di meglio prodotto dalla scena stoner in 
            questi ultimi anni è stato diligentemente sezionato da Simone 
            Vian (voce e basso) Michele Fontanarosa (chitarra) e Marco Brunello 
            (batteria, recentemente sostituito da Sandro), solo il meglio è 
            stato conservato, e la urticante poltiglia sonika che ne è 
            derivata vi farà cozzare contro un wall-of-sound possente e 
            compatto. 
             
            Le nove tracce più intro di "Ready to burn" v'immergeranno 
            in un calderone sonoro vischioso che trova i suoi riferimenti in Kyuss, 
            Nebula e progenie, risalendo poi alle origini della psichedelia più 
            acida ed hard dei Blue Cheer e, perchè no, di certi Black Sabbath 
            più fumati. Non sarà facile districarsi dalle spire 
            melliflue (e mortali...) di "You don't", quasi un manifesto 
            delle intenzioni del poco raccomandabile terzetto, che in "Larva 
            star" cita pure i più svangati QotSA, uscendo nettamente 
            vincitore dal probante esame. Pochi possono affrontare la prova del 
            confronto diretto con tanta spavalderia, solo se si è - perfettamente 
            - coscienti dei propri mezzi ha senso tale sfida. E che dire di un 
            (grande) titolo come "Fuckcoverband"? Chi sta uccidendo 
            la scena live italiana? E' il caso di approfondire? Noooo! Allora 
            ascoltate la belluina furia garage di questo pezzo, dedicato con amore 
            a tutti gli scimmiottatori del palco! I ritmi spezzacollo di "Forbidden 
            sand" mettono a dura prova le coronarie dell'ascoltatore, "Cowboy 
            style" esplode letteralmente fra rallentamenti ed improvvise 
            accelerazioni, l'impasto è di quelli pesanti, da maneggiare 
            con cura, la terremotante "She spills blood" e la fumigante 
            "Got evil" vi faranno soffrire come l'arsura delle desolate 
            lande desertiche ove sono state idealmente concepite, "Lala ballad" 
            è da ascoltare osservando le stelle, nel silenzio d'una notte 
            estiva appena increspato dal canto sommesso del vento che scivola 
            sulla distesa d'erba... 
             
            Certo è che la piccola ma attivissima Go Down Records sa scegliere 
            con attenzione i cavalli di razza da inserire nella sua scuderia, 
            segno che la scena underground può davvero contare su label 
            dirette con passione e competenza, in grado di produrre lavori che 
            le distratte (dai bilanci) major nemeno immaginano ch'esistano (per 
            nostra fortuna, altrimenti chissà cosa potrebbero combinare...). 
            Artwork assolutamente consono al tema proposto dal gruppo. Allora, 
            are you ready to burn? AM 
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