Di questo gruppo non si ancora quasi niente dalle nostre parti, mentre 
            in patria (gli USA) sono già delle stelle di prima grandezza, 
            sembrano quasi i Grateful Dead del prog, esagerato dite? Allora vi 
            chiedo, quanti gruppi hanno pubblicato un live quadruplo? Tenendo 
            conto che stiamo parlando di cd? Per me questa notizia è di 
            per se misura della grandezza di un gruppo, come conferma giunta dopo 
            l’ascolto entusiatico di questo sorprendente album. Un’altra 
            definizione che ci presenta questi artisti è “jam band”, 
            che forse non sarà originale ma fa capire che il gruppo dal 
            vivo deve essere davvero strepitoso. Del resto quello che si ascolta 
            in Anchor Drops lascia un certo senso di sorpresa. 
             
            I quattordici brani che compongono questo album presentano una sorta 
            di incrocio fra le alchimie zappiane, la musicalità dei Doobie 
            Brothers e un prog concettualmente molto libero, tanto che è 
            quantomai difficile dare delle definizioni o racchiudere gli Umphrey’s 
            in schematismi o categorie. Questi freakettoni amano quindi più 
            di tutto suonare in totale libertà, così troviamo un 
            continuo rimescolarsi di generi diversi e di influenze, ma il tutto 
            è omogeneo grazie ad un manipolo di musicisti che hanno dato 
            veramente una prova di grande proprietà artistica. Infatti 
            ascoltare questi musicisti è anzitutto un piacere. Ma per scendere 
            un po’ nel dettaglio dobbiamo precisare che l’ambito è 
            principalmente quello rock, ci sono parti jazzate e altre fusion, 
            ma il tutto in un contesto decisamente rock e qualche volta anche 
            un po’ duro, senza mai esagerare però. I tempi sono complessi 
            e tutt’altro che facili, nonostante questo non si ha mai l’impressione 
            di ascoltare musica concettuale o difficile, perché i brani 
            si sussuegono con una naturalezza disarmante. Con questo non vorrei 
            aver dato l’impressione che gli Umphrey’s McGee siano 
            un gruppo nostalgico degli anni settanta, perché la loro musica, 
            pur richiamandosi ad un modo di suonare molto settantiano nell’approccio, 
            ha un incedere perfettamente al passo coi tempi e per niente conservatore 
            o tradizionalista. 
             
            Non credevo di poter ascoltare nel nuovo millenio un gruppo come questo, 
            ma devo dire che ne sono veramente felice e spero che prima o poi 
            si possa vederli suonare anche nel nostro paese. GB 
             
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