Rock Impressions

Tyketto - Dig in Deep TYKETTO - Dig in Deep
Frontiers
Distribuzione italiana: Frontiers
Genere: Hard Rock
Support: CD
- 2012
Voto: 80/100


Michael Clayton (bt), Jimi Kennedy (bs), Brooke St. James (ch) e Danny Vaughn (vc) tornano insieme nei riformati Tyketto a ben diciotto anni di distanza da "Strenght In Numbers", che in piena esplosione grunge tentò di bissare il successo artistico del classico "Don't Come Easy" (1991).

Le undici canzoni racchiuse in "DID" sono il frutto di artisti maturi e maturati, che sanno sopperire con grande classe e maestria all'inevitabile progressivo estinguersi del fuoco sacro che caratterizza i ventenni, pertanto non cercate una copia 'riveduta e corretta' del classico hit "Forever Young". Potrete, comunque trovare, una sequenza di possibili hit-singles dai refrains altamente orecchiabili eseguiti su una base strumentale energica e dinamica che non si vergogna di denunciare le proprie radici nell'hard rock americano degli anni ottanta.

"Faithless" apre le danze con un riff diretto e duro di St.James che, insieme all'intatta classe vocale di Vaughn, mi ha proiettato ai fasti del loro album d'esordio e probabilmente si tratta anche del migliore episodio del cd. Da "Love To Love" in poi i Tyketto indugiano nel mescolare chitarre acustiche ed elettriche, sprigionando americanicità da ogni micro-solco, con l'orecchiabile "Here's Hoping It Hurts" che strizza all'occhio al pop-rock come la semi-ballad "Battle Lines", dove i Tyketto giocano su melodie sicure. L'aspro assolo che introduce "The Fight Left In Me" si stempera presto in tempo medio discreto che sfocia in un ritornello accattivante, ma nei successivi momenti la band torna a giocare con sonorità più mainstream-classic-rock, seppur di buona qualità. Ci avviciniamo alla conclusione con "Let This One Slide" (fra Extreme e vecchi Tyketto) e la toccante ballad "This Is How We Say Goodbye" tipica del repertorio solista di Vaughn.

Un buon prodotto da approcciare con lo spirito giusto, ovvero quello di non trovarsi dinanzi ad un "Don't Come Easy 2.0", sapendo che la sapienza compositiva del ritrovato quartetto non difetta in quanto a qualità. ABe

 


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