| Ecco un esempio di come suonare un genere nel momento sbagliato può 
            portare a notevoli difficoltà e persino a tardive realizzazioni 
            e si riesce solamente se si è caparbi, altrimenti c’è 
            l’anonimato. Il genere a cui mi riferisco è il Progressive 
            Rock e la band in questione è una delle realtà livornesi 
            più apprezzate, i Tugs. Suonare Prog nel 1978, quando il Punk 
            e la Discomusic decretano la morte del genere, porta a svantaggi notevoli, 
            l’interesse di case discografiche e di organizzatori di concerti 
            è pari quasi allo zero. Anni difficili gli ’80 per la 
            band, dedita comunque a sonorità importanti che molto spesso 
            richiamano quelle dei Genesis, delle nostrane Orme oppure della PFM. 
            Ma quando la qualità c’è, la sopraccitata caparbietà 
            è consapevole, allora statene certi che può nascere 
            una buona proposta.
 
 Addirittura oggi si parla di Opera Rock, questa dei Tugs, un viaggio 
            musicale attraverso otto secoli di storia, letteratura e teatro europeo. 
            L’Europa vista attraverso gli occhi della band, uno sguardo 
            focalizzato alla cultura antica e moderna, non solo Spred ma una riflessione 
            attenta sulla storia, le battaglie, il sangue ed il sudore che sono 
            serviti a realizzare questa dura convivenza ancora oggi martoriata 
            dalle vicende economiche. Dunque i Tugs si ritrovano nei tempi moderni 
            e ritentano la carta Prog, in un momento che le reunion di band storiche 
            sembra quantomeno attirare l’interesse di numerosi appassionati 
            nostalgici.
 La numerosa line up è composta da dieci elementi: voce e chitarra 
            Pietro Contorno, chitarra Nicola Melani, tastiere Marco Susini, basso 
            Bruno Rotolo, batteria Fabio Giannitrapani, violino Francesco Carmignani, 
            flauto Claudio Fabiani, chitarre, mandolino e mandola Antonio Ghezzani, 
            violoncello Martina Benifei e percussioni Matteo Scarpettini.
 
 La cosa che risalta immediatamente all’acquisto di “Europa 
            Minor” è decisamente la cura per l’artwork ed il 
            packaging, davvero esaustivo e professionale. All’interno non 
            si trovano soltanto i testi, bensì anche la storia della band 
            e l’argomentazione trattata, arricchita da belle foto. L’opera 
            in sede live ovviamente offre il lato di se più coinvolgente 
            in quanto non solo ascolto ma anche rappresentazione visiva e recitata, 
            per cui avvantaggiata, tuttavia il disco riesce a trasmettere questa 
            atmosfera in maniera chiara e forte. La buona produzione sonora non 
            fa altro che sottolineare il tutto.
 
 Ma tornando al concept, Europa dunque è anche cultura, letteratura, 
            danza, musica, poesia, un insieme di realtà che legano e che 
            in qualche maniera ci rendono tutti più vicini malgrado la 
            difficoltà delle lingue e delle differenti realtà economiche, 
            qui i Tugs focalizzano la propria attenzione, denominando il tutto 
            “Europa Minor”.
 
 Dodici tracce a partire da “Waterloo”, pittoresca intro 
            che ci rende immediatamente cittadini di questa Europa, grazie al 
            suo Folk Rock di matrice inglese ma anche dalle sfumature mediterranee, 
            davvero un segnale forte sin dall’inizio. Un lungo percorso 
            che andrà a toccare numerose influenze, anche il New Prog di 
            stile Marillioniano oltre ovviamente il lato più orchestrale 
            della musica, vista la strumentazione in loro possesso. Cambi di tempo 
            ed umorali sono all’ordine dell’ascolto, anche se a volte 
            ci si imbatte in un contesto cantautoriale semplice e gradevole. “Il 
            Re Ed Il Poeta” resta uno degli esempi più limpidi dello 
            stile Tugs. A tratti esaltanti e coinvolgenti, i momenti strumentali 
            testimoniano l’amalgama di questa numerosa formazione. Il Progressive 
            Rock Italiano è esternato in tutta la sua grandezza, la lezione 
            delle band passate viene assorbita e rielaborata dalla band. Non è 
            un pezzo in particolare che comunque si distingue, a dimostrazione 
            di un lavoro compatto e costante.
 
 Probabilmente in uno dei momenti più torbidi della propria 
            esistenza dal dopo guerra, il continente così viene analizzato 
            e proposto, un lavoro forse ambizioso, ma che trasuda amore e competenza. 
            Sono passati 35 anni dall’esordio dei Tugs e come dicevo all’inizio, 
            soltanto i più caparbi ne vengono fuori, chi la dura la vince! 
            MS
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