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            Michael Thompson 
            è uno dei miei chitarristi preferiti, la sua capacità 
            di fondere melodia e potenza è impressionante e non è 
            un caso se ha collaborato con tutti i grandi nomi del music biz, anche 
            italiani, uno spirito indomito che ha prestato il suo talento a così 
            tanti nomi che una discografia è praticamente impossibile (io 
            in quella ufficiale del suo sito ho trovato delle lacune!). Come solista 
            invece non ha prodotto molto, ma ha lasciato il segno con un disco 
            capolavoro di AOR dal titolo Michael Thomposon Band.
 In questa nuova avventura si fa accompagnare da Mark Williamson alla 
            voce e basso e da John Robinson alla batteria, due rinomati session 
            men che hanno dato alle stampe un album fortunato nell’89 come 
            Bridge 2 Far, ma anche per loro un elenco delle partecipazioni sarebbe 
            troppo lungo. Se tre musicisti così si mettono insieme per 
            registrare un disco secondo voi cosa li può spingere? Io credo 
            la voglia di divertirsi e di fare musica prima di tutto bella da ascoltare.
 
 Queste sono le caratteristiche di Rivers of Paradise, un album stellare 
            di Hard Rock melodico di gran classe. I fraseggi di Thompson sono 
            di quelli da far perdere le notti ad un chitarrista maniaco, ma la 
            loro grandezza non sta nell’impossibilità di essere riprodotti, 
            ma dalla loro creatività, nel temperamento che esprimono. La 
            sezione ritmica è molto capace e continua a produrre passaggi 
            eccellenti, cosa non sempre facile in un genere che sembra prestarsi 
            poco a complicati giochi ritmici, ma i nostri ci deliziano in più 
            occasioni.
 
 Nascono allora brani come l’elettrizzante title track, fra Toto 
            e Giant, un brano piuttosto duro costruito su un giro blues, ma che 
            offre anche grandi momenti melodici. Assolo da brividi in “Hold 
            On”, una traccia che parte quasi in sordina e cresce man mano 
            che la si ascolta. L’hard rock americano ritorna a pompare in 
            “Indiscretion”, non è proprio un pezzo innovativo, 
            ma la classe dei nostri lo rende molto piacevole. Le ritmiche di “Gonna 
            Be Some Changes” sono così complesse che sembra quasi 
            un brano dai risvolti prog. “Only A Letter” porta finalmente 
            un po’ di romanticismo in questo disco molto elettrico e ancora 
            è la classe che emerge cristallina. Carino anche il giro conciso 
            e diretto di “Hard Time Love”, come anche il rock ‘n’ 
            roll vitaminico di “One Good Woman”, molto classico, una 
            vera citazione, ma proprio per questo divertente. “Love Comes 
            Calling” si lascia ascoltare senza dare grandi emozioni, ma 
            in chiusura troviamo “Alimony Blues”, tutta feeling e 
            blues polveroso per un commiato ad alto tasso emotivo.
 
 Certo i TRW non sono venuti a cambiare le regole del gioco, questo 
            album non è un nuovo classico e loro si accontentano di fare 
            bene quello che fanno, ma magari fossero tutti almeno di questo livello 
            i dischi di AOR e di Hard Melodico. GB
 
 Per un assaggio: http://www.myspace.com/trwroc
 
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