| A venti anni dalla loro ultima uscita discografica (cover album, live 
            e best of esclusi), tornano Pete Loran (vc), Steve Brown (ch), PJ 
            Farley (bs) e Mark Scott (bt) con undici nuove canzoni (dodici nella 
            versione europea) che ripercorrono con fresca e spensierata energia 
            i viali luccicanti dell'hard rock di fine anni ottanta che il grunge 
            provvide a spegnere delittuosamente.
 
 Cinque anni fa la line-up originale sopra riportata si è riformata 
            ed ha ripreso a fare concerti, meritandosi così la chance che 
            la Frontiers sta offrendo a tanti eroi di quegli anni la cui vita 
            artistica conobbe un'improvvisa e drammatica fine... prima dell'odierna 
            rinascita.
 "NAM" riparte da dove "Hear!" ci aveva lasciati, 
            e se qualcuno può fondatamente osservare che sono passat 'venti 
            anni senza che nulla sia cambiato', debbo anche annotare una fresca 
            una spruzzatina di modern rock che le esperienze accumulate dai singoli 
            artisti nei loro progetti hanno portato in dote alle nuove composizioni 
            che così evitano la trappola dello stanco ed inutile deja-vu.
 
 Un 'tipico' giro di chitarra acustica ci introduce a "Drag Me 
            Down", buona opener ed ottimo biglietto da visita per annunciare 
            il ritorno sulle scene con una strizzata d'occhio neanche troppo camuffata 
            ai primi Blue Murder, ben coniugando hair metal, blues e tentazioni 
            melodiche che non guastano mai. "Get On It" recupera tutti 
            i clichè degli anthemici mid tempo che a fine anni ottanta 
            spadroneggiavano negli albums di Skid Row, Heaven's Edge e compagnia, 
            ma al sottoscritto piace di più la successiva "Dirty Love", 
            scanzonato episodio che emana afflati di Poison e Def Leppard sia 
            nelle parti vocali che in quelle strumentali. Altra canzone e altro 
            mix di reminiscenze: questa volta tocca a The Cult e Baton Rouge essere 
            presi a modello per la realizzazione della dinamica "Machine" 
            che non mancherà di scaldare la platea ai concerti.
 
 Un piccolo e piacevole break arriva con la semi-ballad "Live 
            For The Day" modellata per un massiccio air-play radiofonico 
            e, grazie al suo approccio più contemporaneo, non dovrebbe 
            mancare a questo suo compito, ed in questa vena compositiva ritroveremo 
            più avanti "The Coolest Thing". Si torna a rockare 
            duro con "Ride", e la sua carica fra i migliori Ratt ed 
            i Firehouse, e la sensuale "Physical Attraction" che precedono 
            il primo singolo tratto da "NAM", ovvero "Tattoo's 
            & Misery" solare e spensierata come nella migliore tradizione 
            dei brani da feste studentesche sulle spiaggie californiane come "Save 
            Your Soul" che rielabora in chiave hair-metal la lezione dei 
            Cheap Trick. La conclusiva "Walking With A Stranger" fu 
            originariamente composta e registrata dagli Skid Row per il loro debut-album 
            del 1989, ma se per Sebastian Bach e soci essa sarebbe stata troppo 
            pop, in realtà risulta molto aderente al profilo musicale dei 
            Trixter e risulta essere un filler di buon livello, anche se la bonus 
            track europea "Find A Memory" a mio parere ne è leggermente 
            superiore.
 
 Peccato che il suono non sia sempre buono e pieno come quello dei 
            primi brani di "NAM" che pur senza vincere la palma di massima 
            originalità, va comunque salutato come una bella prova di sano, 
            divertente e potente hard rock melodico. ABe
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