| Questo gruppo non è da confondere con altri con lo stesso nome 
            (mi sembra che ce ne siano almeno altri due, uno nel metal e uno sempre 
            nel prog). Si tratta di una giovane formazione Israeliana, formatasi 
            nel '99, composta da tre musicisti di grande talento al debutto discografico.
 
 Gil Stein suona le tastiere, canta ed è il compositore dei 
            brani, Roy Bar-tour suona il basso e il batterista Gabriel Weissman 
            completa la formazione. La loro musica è basata soprattutto 
            sull'esuberanza del tastierista che sfodera un repertorio classico 
            di grande impatto.
 
 I brani sono cantati in inglese con una netta dominanza delle parti 
            strumentali, senza però un uso eccessivo dei solos, si tratta 
            invece dello svolgersi di strutture armoniche e ritmiche piuttosto 
            complesse. Sarebbe facile fare dei paragoni coi giganti del passato, 
            ma non renderei giustizia al gruppo, perché il loro sound è 
            quanto mai fresco e piacevole, continuatore si, ma debitore no di 
            una lunga ed onorata tradizione di artisti che hanno saputo coniugare 
            con efficacia musica classica e jazz e rock.
 
 "Creatures of the Night" parte alla grande con un giro pomposo 
            di tastiere e la vocazione classica di Gil prorompe in tutto il suo 
            entusiasmo, scale e contro scale degne del Bach più accattivante. 
            "In Haze of Time" è, invece, la componente jazz a 
            prendere il sopravvento, un brano con delle melodie stupende come 
            non se ne sentivano da tempo e con una tensione degna dei King Crimson. 
            L'inizio di "Gate 15" ricorda vagamente la colonna sonora 
            di un film francese degli anni settanta, poi le improvvisazioni di 
            basso e batteria prendono il sopravvento. "City Lights" 
            è un altro brano ricco di improvvisazioni jazzate, mentre "Orpheus 
            Suite" ha un incedere medievaleggiante. "Troya" gioca 
            ad alternare suggestioni orientali a parti ritmiche dal grande impatto. 
            In chiusura troviamo "The Mad House Blues" un incontenibile 
            honky tonky con venature jazz, che poi diventano neoclassiche, piuttosto 
            divertente.
 
 In Haze of Time è uno dei dischi più belli fra le ultime 
            cose della Musea, una doppia garanzia. GB
 |